Finanza Notizie Mondo Trump: il tweet diventa realtà. Bombarda la Siria ed esulta come Bush: Mission Accomplished

Trump: il tweet diventa realtà. Bombarda la Siria ed esulta come Bush: Mission Accomplished

15 Aprile 2018 17:06

Alla fine Trump ha dato seguito alle proprie minacce, sostenuto dalla Francia di Emmanuel Macron e dal Regno Unito di Theresa May. Sabato 14 aprile ora locale in Siria, gli Usa sono passati dalle parole ai fatti, bombardando il paese dopo che, lo scorso 11 aprile, il presidente americano aveva scatenato il panico nel mondo, dicendo alla Russia di prepararsi all’arrivo dei missili

Obiettivo: colpire l’arsenale di armi chimiche del governo di Bashar al-Assad, dopo il presunto attacco chimico  sferrato dal governo siriano, in Siria, nella Ghouta orientale.

Trump, d’altronde, era stato chiaro, e aveva accusato sia la Russia che l’Iran di sostenere il regime di Assad e di tenersi pronte, di conseguenza, a pagare un caro prezzo. 

“La Russia e l’Iran sono responsabili per il sostegno all’Animale AssadCi sarà un alto prezzo da pagare“, aveva avvertito.

Detto fatto, anche se diversi analisti affermano che, alla fine, l’attacco è stato meno aggressivo di quanto temuto. Il problema è quello che accadrà ora.

Non confortanti sono le parole di Nikki Haley, ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite, che ha fatto capire che l’America potrebbe tornare a colpire.

“Siamo pronti e carichi a colpire”, nel caso in cui si dovesse verificare un nuovo attacco chimico, ha detto Haley, precisando che “il tempo delle parole è finito”.

USA, FRANCIA E REGNO UNITO BOMBARDANO LA SIRIA

Nelle ore precedenti l’attacco contro la Siria, le agenzie di stampa hanno iniziato a battere freneticamente l’arrivo nel Mediterraneo dei cacciatorpedinieri USS Winston Churchill e USS Donald Cook, che si sono uniti alle navi militari degli alleati francesi e britannici. Germania e Italia hanno deciso di non intervenire. 

A essere utilizzati, insieme alle armi degli alleati, sono stati i missili da crociera Tomhawk.

A tal proposito James Mattis, capo del Pentagono, ha rivelato che è stata impiegata una quantità doppia di razzi rispetto ai 59 dell’attacco alla Siria del 2017.

L’annuncio dei bombardamenti è arrivato dallo stesso presidente americano Donald Trump che, in un discorso rivolto agli americani e proferito attorno alle 21 ora di Washington di venerdì, 13 aprile (le 3 del mattino in Italia di sabato 14 aprile), ha dato la notizia in prima persona:

“Poco fa ho ordinato all’esercito americano di lanciare attacchi mirati su target associati con l’arsenale di armi chimiche del dittatore siriano Bashar al-Assad. Una operazione combinata con le forze armate di Francia e del Regno Unito è al momento un corso. Vogliamo ringraziarli entrambi”.

I missili hanno attaccato le basi e i centri legati alla presunta produzione di armi chimiche a Damasco e Homs. Tre gli attacchi distinti.

Mattis ha reso noti i dettagli dell’operazione:

“Siamo stati molto precisi, con attacchi proporzionati ma, allo stesso tempo, potenti. Ancora: “Sono sicuro che il regime siriano abbia sferrato un attacco chimico contro gente innocente. Al momento, non abbiamo pianificato ulteriori attacchi”.

 

All’operazione militare hanno fatto seguito le dichiarazioni trionfanti di Trump via Twitter:

“Un attacco perfettamente eseguito, quello della scorsa notte. Grazie alla Francia e al Regno Unito per la loro saggezza e per la potenza dei loro eserciti. Non avremmo potuto sperare in un risultato migliore. Missione Compiuta!”.

IL CASO DELLA FRASE: MISSIONE COMPIUTA

La frase proferita da Trump, quella di “Mission Accomplished”,  ha riportato immediatamente alla mente quella proferita da un altro presidente americano, George W. Bush, nel maggio del 2003 quando, alle spalle di un gigantesco striscione che dichiarava vittoria, annunciò che le principali operazioni militari compiute in Iraq erano finite, sei settimane appena dopo l’invasione americana nel paese.

Tuttora la frase suona non tanto come una dichiarazione di successo, quanto quasi come una profezia funesta, visto che la guerra proseguì in Iraq per molti anni ancora. Come ha spiegato lo stesso Washington Post in un articolo recente, la frase è diventata una parola in codice per “qualsiasi missione che non sia stata compiuta, nonostante la convinzione sul contrario espressa dal politico di turno”.

E, nel corso degli ultimi 15 anni, le parole premature di Bush sono state derise e considerate esempio dell’arroganza politica americana, stando a quanto scrive lo stesso WP.

D’altronde, “poco più di un anno dopo quel discorso proferito a bordo dello USS Abraham Lincoln, il numero dei soldati americani uccisi in Iraq aveva raggiunto già quota 1.100. Nel complesso, più di 4.400 furono gli americani ammazzati nell’Operation Iraqi Freedom, e quasi 32.000 furono i feriti, stando allo stesso dipartimento della Difesa Usa”.

Per evitare un paragone imbarazzante con l’errore di Bush, il dipartimento di Stato Usa ha in realtà messo già le mani in avanti, affermando per bocca della portavoce Heather Nauert che il presidente (Trump) ha proferito la frase “Mission Accomplished” per indicare che “abbiamo colpito e “distrutto in modo significativo tre depositi di armi chimiche in Siria”.

La stessa precisazione è arrivata dalla responsabile dell’ufficio stampa del Pentagono, Dana White:

“Le operazioni della scorsa notte hanno avuto molto successo – ha detto sabato, 14 aprile – Abbiamo centrato i nostri obiettivi. Abbiamo colpito i siti, il cuore del programma di armi chimiche. Dunque, la missione è  compiuta”.

Al di là del valore profetico o meno della frase, a questo punto il mondo intero si chiede cosa accadrà nelle prossime ore.

L’attacco sferrato contro la Siria, dopo giorni in cui Trump aveva twittato freneticamente avvertendo la Russia dell’arrivo dei bombardamenti, ha acuito ulteriormente le tensioni tra Mosca e Washington.

Immediata la reazione di Mosca, già ai ferri corti con l’America di Trump che, lo scorso venerdì 6 aprile, aveva annunciato pesanti sanzioni contro alcuni degli oligarchi russi, scatenando tra l’altro forti sell off sul rublo, sui bond e sulla borsa di Mosca.

Subito dopo la notizia dell’attacco, il presidente Vladimir Putin ha chiesto una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza Onu per affrontare la crisi.

La riunione si è aperta nella notte di sabato, con il segretario generale Antonio Guterres che ha lanciato un appello ai componenti il Consiglio, invitandoli a evitare una ulteriore escalation. Ma la risoluzione della Russia presentata al Consiglio Onu, volta a condannare gli attacchi aerei, si è tradotta in una cocente sconfitta diplomatica.

Mosca è riuscita ad assicurarsi il sostegno di soli altri due paesi, Cina e Bolivia. Quattro membri – Etiopia, Kazakistan, Perù e Guinea Equitoriale – si sono astenuti, mentre gli otto rimanenti hanno votato contro Mosca, dando il loro sostegno all’operazione militare decisa da Trump.

Non solo. L’ambasciatrice Usa all’Onu Haley ha confermato che nella giornata di lunedì, saranno imposte nuove sanzioni economiche contro la Russia.