Usa: crescita occupazione rallenta, su i salari. Ma Fed non obbligata ad alzare tassi quattro volte in 2018
Deludente il rapporto occupazionale Usa. Nel mese di marzo il numero dei nuovi posti creati è stato di appena 103.000 unità, al livello minimo in sei mesi, e inferiore alle attese del consensus, che aveva previsto un aumento di 170.000 unità. E’ vero che il tasso di disoccupazione è rimasto al valore più basso in 17 anni, inchiodato al 4,1%.
Il rallentamento dell’occupazione Usa è tuttavia notevole, se si considera che a febbraio erano stati creati ben 326.000 nuovi posti di lavoro e che, in media, nel primo trimestre, la crescita è stata di 202.000 unità al mese.
Il report ha dato tuttavia una indicazione importante a chi aspettava segnali dal fronte dell’inflazione: i salari orari sono infatti cresciuti a marzo di 8 centesimi, ovvero del +0,3%, a $26,82, mettendo a segno un rialzo, su base annua, pari al 2,7%, rispetto al 2,6% di febbraio.
Se si guarda tuttavia all’intero ciclo di espansione economica, che dura da quasi nove anni, i rialzi dei salari sono stati in media del 2% l’anno, o anche meno.
Dopo la diffusione del report occupazionale, i mercati hanno smorzato le speculazioni su un ennesimo rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, nel meeting di giugno. Le probabilità sono scese dal 76% di giovedì al 72%, valore che rimane comunque elevato.
Secondo gli economisti intervistati è possibile che, a incidere negativamente sul dato, siano state le condizioni meteorologiche: a essere colpiti dal rallentamento dell’occupazione sono stati, di fatto, soprattutto i settori edilizio e retail.
In particolare, nel settore delle costruzioni, si è assistito a una perdita di 15.000 posti di lavoro – la prima flessione dallo scorso luglio – dopo il +65.000 di febbraio. I retailer hanno invece tagliato 4.400 dipendenti, dopo l’aumento di ben 47.300 unità a febbraio.
Occhio inoltre al tasso di partecipazione alla forza lavoro, che è sceso al 62,9% dopo l’aumento di 0,3 punti percentuali, al 63%, nel mese precedente. Il tasso continua a oscillare attorno al livello più basso dagli anni Settanta.
In questo contesto, Gregory Daco, responsabile economista Usa presso Oxford Economics, ha fatto notare che, sicuramente, la Fed “non ha né bisogno né l’obbligo di indicare un quarto rialzo dei tassi” di interesse. E’ Daco stesso a ritenere tuttavia che la Banca centrale Usa alzerà i tassi quattro volte, nel corso del 2018, e non tre, come indicato nel suo stesso dot plot.
Secondo l’esperto molto dipenderà in ogni caso da come si evolveranno le tensioni commerciali esplose – e in continua escalation – tra gli Stati Uniti e la Cina.
“La Fed potrebbe decidere di adottare una politica monetaria più cauta, se l’amministrazione Trump dovesse dar seguito alle sue minacce di ulteriori tariffe”, ha detto l’economista.
Intanto nuove minacce sono arrivate da Pechino, dopo l’annuncio di Trump di imporre ulteriori dazi doganali per un valore complessivo di $100 miliardi:
In particolare, un funzionario del Ministero del Commercio cinese, ha avvertito che la Cina “risponderà immediatamente e la nostra risposta sarà notevole”.
Continuando, il funzionario ha detto che Pechino ritiene che “l’America sia molto arrogante. Hanno preso una decisione sbagliata e il risultato è che alla fine faranno del male a loro stessi. Se presenteranno una lista di (nuovi) dazi da $100 miliardi, la Cina sarà pronta (a rispondere). Senza nessuna esitazione”.
Intanto Wall Street attende le parole di Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, che proferirà un discorso sull’outlook dell’economia alle 19.30 ora italiana, nel corso di una visita a Chicago.