L’House of Cards del mercato immobiliare è qui. UBS annuncia la ritirata del toro dopo 55 anni
“Il boom immobiliare che ha visto i prezzi delle case australiane più che raddoppiare dall’inizio del secolo è ‘ufficialmente terminato”. Parola di UBS, che ha commentato con questa previsione gli ultimi dati provenienti dal mercato del mattone in Australia.
In un report pubblicato nella giornata di mercoledì, CoreLogic ha riportato che, a ottobre, i prezzi delle abitazioni del paese sono rimasti invariati su base mensile, mentre su base annua la crescita è rallentata al 7% dal più del 10% dello scorso luglio.
Gli economisti del team di UBS guidato da George Tharenou hanno scritto, in particolare, che “in questo momento si sta assistendo a un rallentamento forte e persistente” del mercato, fattore che lascia pensare a un accesso più difficile ai finanziamenti, che “noi riteniamo che peserà sulla crescita dei consumi attraverso lo smorzarsi della ricchezza delle famiglie”.
Il mercato immobiliare australiano è sotto i riflettori da parecchio. La Banca dei Regolamenti Internazionali ha pubblicato di recente una ricerca, “Interest rates and house prices in the United States and around the world” (Tassi di interesse e prezzi immobiliari negli Stati Uniti e nel mondo”, che ha definito il mercato immobiliare toro in Australia quello di più lunga durata al mondo.
Di fatto, la fase rialzista è durata 55 anni, dal 1961 al 2010 e successivamente dal 2013 al 2017, senza alcuna contrazione tra un periodo e l’altro, a fronte dei 15 anni del mercato immobiliare toro degli Stati Uniti, del periodo compreso tra il 1992 e il 2006.
Un altro studio compilato da LF Economics ha messo in evidenza la presenza di una bolla in Australia che starebbe trasformando lo schema Ponzi già in atto in un nuovo caso di finanza creativa, incentrata sui cosiddetti “mutui residenziali a garanzie incrociate”.
Nell’analisi si legge che il mercato australiano dei mutui si è ingigantito, con le banche che hanno emesso nuovi prestiti a fronte di guadagni in conto capitale non realizzati sulproprietà esistenti. Il risultato è una House of Cards da $1,7 trilioni.
Il report, firmato dal fondatore di LF Economics Lindsay David, sostiene che l’utilizzo, da parte delle banche australiane, del parametro ‘combined loan to value ratio” (ratio meno comune in altri paesi), ha permesso agli investitori di accumulare “diverse proprietà in un periodo di tempo relativamente breve, nonostante i prezzi delle case fossero elevati rispetto ai redditi”.
E la situazione ora è tale che “l’utilizzo del guadagno in conto capitale non realizzato (equity) di una proprietà, per finanziare l’acquisto di un’altra proprietà nel paese, è estremo”. E ciò permette agli speculatori australiani di far ricorso a guadagni non realizzati relativi a proprietà immobiliari per utilizzarli come sostituti del contante.
In questo modo si possono versare anticipi su altri investimenti nel mercato immobiliare. Fino a quando la catena non si spezza.