Welfare incompiuto: Censis e il “rischio di un collasso sociale”
Un “welfare incmpiuto”, con le famiglie italiane che sono sempre più vulnerabili in materia di salute, assistenza e previdenza, trovandosi incerte nella gestione della non autosufficienza e consapevoli di dover ricorrere a risorse proprie. Una situazione drammatica, ben illustrata e tracciata nel rapporto 2024 Family (Net)Work «Dove sta andando il welfare? Salute, assistenza e previdenza nelle attese delle famiglie», realizzata dal Censis per Assindatcolf, l’associazione nazionale dei datori di lavoro domestico. Lo studio è stato condotto su un campione di 2.400 famiglie che impiegano lavoratori domestici.
La transizione demografica, caratterizzata dall’aumento delle malattie croniche e delle condizioni legate all’età avanzata, ha generato un aumento della richiesta di cure a lungo termine e una maggiore necessità di risorse sanitarie. Questo fenomeno ha posto una notevole pressione sulla sostenibilità dei servizi pubblici.
Rischio di un collasso sociale: le stime
Partiamo da alcuni dati, alcune stime. Se nel 2020 è stato riservato alla spesa sanitaria pubblica il 7,4% del Pil, nel 2026 si prevede che sarà solo il 6,1%; le strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie attive sono 12.576, con un’offerta di circa 414.000 posti letto (7 ogni 1.000 abitanti), la disponibilità più alta è al Nord-Est con poco più di 1.000 posti letto ogni 100.000 abitanti; se oggi gli over 65 sono il 24,0% della popolazione (nel 1961 erano il 9,5%) e il 63,5% le persone in età lavorativa (15-64 anni) (nel 1961 erano il 66,0%), nel 2050 si prevede che gli anziani saranno il 34,5% e i 15-64enni saranno meno del 55%. Inoltre, 6,8 milioni di pensioni sono sotto i 1.000 euro mensili.
La vita dei caregiver: senza vita sociale e stressati
Secondo lo studio, il 45,3% delle famiglie ritiene prioritario il potenziamento dei servizi domiciliari, considerando la propria abitazione come il luogo ideale per ricevere cure. Inoltre, il 58,7% richiede l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico, mentre il 18% evidenzia l’importanza di semplificare le procedure per accedere ai servizi di assistenza, in particolare per quanto riguarda la valutazione di non autosufficienza. Inoltre, il 15,4% ritiene cruciale sostenere il ruolo di chi si prende cura di un familiare in casa. Difficoltà anche nel trovare una persona che assista chi non è più autosufficiente: il 49,1% afferma di assumersi personalmente il ruolo di caregiver per un parente non autosufficiente, senza sostituire la figura della badante ma integrandola.
La fatica fisica e lo stress derivanti dalla gestione dei bisogni della persona assistita sono considerati gli aspetti più critici dell’assistenza dal 42,4% delle famiglie. Inoltre, molti caregiver rinunciano a una vita relazionale e autonoma (24,7%) e lamentano la mancanza di riconoscimento del loro ruolo da parte delle istituzioni e di una retribuzione economica (16,4%). Alcuni caregiver sono costretti ad abbandonare o trascurare il proprio lavoro o attività (8%) e il 6,7% è preoccupato di poter arrecare danno all’assistito a causa della mancanza di competenze necessarie.
Spese sociali non sufficienti
Nel 2022, gli investimenti nell’assistenza da parte delle istituzioni pubbliche hanno raggiunto i 65.991 milioni di euro. Tuttavia, la spesa per l’assistenza sociale rappresenta solo l’11,7% della spesa totale delle prestazioni di protezione sociale, risultando la quota di investimento più bassa rispetto ad altri settori come la sanità e il sistema previdenziale.
Secondo il report, il sistema si trova sotto pressione a causa della necessità di intervenire sulla spesa pubblica, dei cambiamenti nei bisogni sociali e dell’evoluzione demografica del Paese, che hanno generato numerose emergenze. Ad esempio, è previsto un calo della spesa sanitaria pubblica dal 7,4% del Pil nel 2020 al 6,1% nel 2026. Attualmente, le strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie attive sono 12.576, con una capacità di circa 414.000 posti letto, ma la disponibilità è più alta nel Nord-Est con poco più di 1.000 posti letto ogni 100.000 abitanti. Si stima che nel 2050 gli anziani costituiranno il 34,5% della popolazione, mentre i 15-64enni saranno meno del 55%. Inoltre, vi sono 6,8 milioni di pensioni inferiori a 1.000 euro mensili.
Paura per il futuro: le risorse economiche non sono sufficienti
Il futuro preoccupa. Il 40,7% delle famiglie considera il proprio livello di risorse economiche non del tutto sicuro e teme che queste disponibilità in termini di reddito, patrimonio e risparmi potrebbero non essere sufficienti in caso di imprevisti. Una percentuale del 12,5% si dichiara completamente insicura, riconoscendo che eventuali imprevisti potrebbero mettere la famiglia in grave difficoltà.
Quando si bilancia tra fattori di protezione, come il welfare pubblico, le coperture assicurative e altre forme di autotutela personale e fattori di rischio futuri, emerge che l’inabilità e la non autosufficienza sono considerate il rischio più rilevante, con il 64,6% delle famiglie che lo identificano come tale. Le malattie e la necessità di cure mediche occupano il secondo posto nella scala del rischio, con il 51,2%, mentre il 35,0% è preoccupato principalmente dalla prospettiva di una diminuzione dei redditi e del tenore di vita durante gli anni della vecchiaia. Altre preoccupazioni includono la morte del principale portatore di reddito in famiglia, nonché la perdita del lavoro, la disoccupazione e la conseguente riduzione del reddito.