Pensioni: sempre più lontana per i giovani Italiani. Per l’Ocse ci andranno a 71 anni
Chi entra adesso nel mondo del lavoro, si deve preparare ad una lunga carriera e tenere ben lontani i pensieri legati alla pensione. Supponendo che la prima occupazione (con contratto regolare) abbia inizio a 22 anni, in Italia, l’età pensionabile sarà raggiunta 49 anni dopo, ossia a 71 anni. Questo calcolo è stato elaborato nel Rapporto “Pensions at a glance” dell’Ocse. La soglia italiana si attesta come la più elevata tra i 38 paesi membri dell’Organizzazione, seconda solo a quella della Danimarca.
Secondo lo studio, per coloro che si affacciano ora al mondo del lavoro, l’età pensionabile normale sarebbe a 70 anni nei Paesi Bassi e in Svezia, a 71 anni in Estonia e Italia, e addirittura a 74 anni in Danimarca.
Quando si va in pensione in Italia
Attualmente, in Italia, l’età normale di pensionamento si attesta intorno ai 65 anni, appena al di sopra della media dell’Ocse che è di 64,1 anni. Per coloro che entrano nel mondo del lavoro in questo periodo, l’età media di uscita, a meno di nuove normative sull’anticipo, supererà di circa quattro anni la media dell’Ocse. L’Italia è uno dei nove paesi dell’Ocse che collegano l’età legale di pensionamento alla speranza di vita. In un sistema contributivo, questo collegamento non è essenziale per migliorare la sostenibilità finanziaria delle pensioni, ma è finalizzato a impedire il pensionamento prematuro con pensioni insufficienti e a promuovere l’occupazione.
Secondo l’Ocse, gli stipendi nel nostro paese sono relativamente bassi, il che si riflette anche nei contributi, nonostante le aliquote siano elevate. Pertanto, l’unico modo per evitare difficoltà finanziarie durante gli anni di anzianità sembra essere quello di ritardare il più possibile il ritiro dal lavoro.
Com’era prima il sistema pensionistico italiano
In passato, quando in Italia era in vigore il sistema retributivo (caratterizzato dall’assegno pensionistico parametrato all’ultimo stipendio percepito), le erogazioni pensionistiche erano notevolmente più generose. Questo sistema funzionava efficacemente fintanto che il numero di persone che entravano nel mondo del lavoro superava coloro che andavano in pensione, una dinamica che non si verifica più da tempo in Italia. Il sistema retributivo è stato gradualmente sostituito a partire dal 1996, ma attualmente il retributivo pieno continua a coprire una quota significativa dei pensionati.
A causa di questa transizione, l’Ocse nota che il reddito medio delle persone di età superiore ai 65 anni in Italia è “leggermente superiore a quello della popolazione totale” (al 103%), mentre nella media dell’Ocse è inferiore del 12% (all’88%).
Come sarà nel 2024
Ma nel 2024 sono previste significative novità per quanto riguarda le pensioni, secondo quanto emerge dalla bozza della Legge di Bilancio attualmente in esame. Tra le modifiche più rilevanti, spicca la rivalutazione del 6%, mirata a garantire un incremento più consistente degli assegni previdenziali. L’attenzione del legislatore si concentra soprattutto sulle famiglie con redditi più modesti, con l’obiettivo di contrastare gli effetti negativi dell’inflazione sul potere d’acquisto.
Un aspetto da tenere presente riguarda i requisiti più restrittivi per accedere alle pensioni anticipate, che coinvolgeranno principalmente APE Sociale, Opzione Donna e Quota 103. Nel prossimo anno, si accentua notevolmente l’importanza del sistema contributivo, che assumerà un ruolo centrale nel calcolo degli assegni previdenziali per trattamenti di vecchiaia e Quota 103. È prevista una riduzione della misura minima richiesta per riconoscere la pensione di vecchiaia, con un assegno pari a quello sociale. Per Quota 103, l’importo della pensione relativa agli anni lavorati prima del 31 dicembre 2023 non sarà calcolato con il sistema retributivo, ma terrà conto dei contributi versati.
Nonostante queste modifiche rilevanti, manca ancora una vera e propria riforma delle pensioni. La Legge Fornero rimane la struttura portante del sistema previdenziale, e al momento non sono stati previsti progressi significativi verso una riforma più ampia.
Sale il tasso di disoccupazione
I tassi di occupazione nella fascia di età più avanzata (60-64 anni), secondo l’Ocse, sono a livelli minimi, secondi solo alla Francia e alla Grecia. L’Ocse spiega che le agevolazioni per il pensionamento anticipato rispetto all’età prevista per la pensione legale sono molto generose. La concessione di benefici relativamente elevati a età relativamente basse attraverso le Quote contribuisce a rendere l’Italia il secondo paese dell’Ocse per la spesa pubblica in pensioni, che corrisponde al 16,3% del Pil nel 2021. Nonostante un’aliquota contributiva molto elevata, le entrate dai contributi pensionistici rappresentano solo circa l’11% del Pil, richiedendo considerevoli finanziamenti dalla fiscalità generale.
Per una persona che inizia a lavorare attorno ai 22 anni, si prevede, con l’aumento dell’aspettativa di vita, di andare in pensione a 71 anni, ma con un importo di pensione rispetto allo stipendio al momento del ritiro di circa l’83%, in contrasto con la media dell’Ocse del 61%. Nel complesso, l’aliquota media di contribuzione effettiva per le pensioni nei paesi dell’Ocse è del 18,2% del livello salariale medio nel 2022, e l’Italia ha l’obbligo contributivo più alto, al 33%.