Quasi 6 milioni gli italiani che vivono in povertà assoluta. Associazioni denunciano “assurdo paradosso consumi”
Cresce in Italia il numero di famiglie in povertà a assoluta. Stando ai dati preliminari diffusi dall’Istat, nel 2023, l’8,5% delle famiglie residenti vive in povertà assoluta, corrispondente a circa 5.752.000 persone. La povertà assoluta colpisce in particolare i minori, con il 14% di essi in questa condizione, il valore più alto registrato dal 2014. Si stima che 1.300.000 minori facciano parte di famiglie in povertà assoluta nel 2023.
L’istituto di statistica ha presentato anche i dati preliminari delle spese per consumi delle famiglie, che costituiscono la base informativa per gli indicatori della povertà assoluta.
Lo storico dei dati: dal 6,7% del 2019 al 8,5 del 2023
Secondo le stime preliminari, nel 2023 le famiglie in povertà assoluta rappresentano l‘8,5% del totale delle famiglie residenti, un incremento rispetto all’8,3% del 2022. Questo dato corrisponde a circa 5,7 milioni di individui, pari al 9,8% degli individui, una quota stabile rispetto al 9,7% del 2022.
L’andamento della povertà familiare negli anni precedenti mostra che è cresciuta nel 2017, si è stabilizzata nel 2018 e ha iniziato a diminuire nel 2019, raggiungendo il 6,7%, in coincidenza con l’introduzione del Reddito di Cittadinanza, che ha beneficiato circa un milione di famiglie in difficoltà. Tuttavia, nel 2020, durante l’anno della pandemia, l’incidenza è aumentata al 7,8%, coinvolgendo oltre 2 milioni di famiglie, per poi stabilizzarsi nel 2021. Nel 2022, l’incidenza è salita all’8,3%, principalmente a causa dell’accelerazione dell’inflazione, che ha colpito maggiormente le famiglie meno abbienti, le cui spese non sono riuscite a tenere il passo con l’aumento dei prezzi, incluso quello dei beni e servizi essenziali considerati nel paniere della povertà assoluta.
“Dati drammatici e vergognosi, non degni di un Paese civile. La povertà assoluta, infatti, non resta affatto stabile, ma peggiora, raggiungendo un record storico, sia rispetto alla percentuale delle famiglie in povertà assoluta, l’8,5% che supera il precedente primato del 2022 quando era 8,3%, sia rispetto agli individui, 9,8%, una percentuale maggiore rispetto al passato record, sempre del 2022, pari al 9,7%”, ha affermato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Provenienza geografica: Sud vs Centro-Nord
Scorporando i dati a livello geografico, emergono notevoli differenze nella distribuzione della povertà assoluta. Nel Sud, si è osservato un miglioramento rispetto agli anni precedenti, con una diminuzione al 10,3% per le famiglie e al 12,1% per gli individui. Al contrario, nel Centro e nel Nord si registrano aumenti netti, quasi ovunque di mezzo punto percentuale. In particolare, le famiglie povere sono meno diffuse nel Centro (6,8%) rispetto al Nord (8%). Tuttavia, è paradossale che siano proprio le regioni settentrionali, più popolose, ad ospitare un maggior numero di nuclei in condizioni di esclusione sociale, con oltre 27.000 casi rispetto ai 11.000 al Centro e i quasi 20.000 al Sud.
Un altro fattore rilevante è la composizione del nucleo familiare, che influisce significativamente sulla condizione di povertà. Le famiglie con almeno un lavoratore tendono a mantenere una situazione più stabile, ma il tasso di povertà aumenta nettamente tra i nuclei in cui il capofamiglia ha un impiego da dipendente, passando dall’8,3% al 9,1%. Inoltre, la presenza di membri stranieri all’interno del nucleo familiare è correlata a un’alta incidenza di povertà, con il 35,6% dei nuclei composti interamente da stranieri considerati poveri in maniera assoluta.
Spese alle stelle, Assoutenti: “Una Caporetto sul fronte dei consumi”
Nel 2023, la spesa media mensile è cresciuta in termini correnti del 3,9% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, in termini reali, si è ridotta dell’1,8% a causa dell’inflazione (+5,9% la variazione su base annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo), senza differenze significative tra le famiglie più o meno abbienti.
Analizzando la serie storica della spesa media mensile delle famiglie dal 2014 al 2023, si osserva un aumento complessivo da 2.519 a 2.728 euro mensili, con un incremento in valori correnti dell’8,3%. Questo aumento è stato più marcato nel Mezzogiorno (+14,3%), dove la spesa è salita da 1.955 a 2.234 euro mensili, e nel Centro (+11,4%), dove è passata da 2.651 a 2.953 euro mensili. Nel Nord, invece, l’incremento è stato del 4,5% (da 2.837 euro mensili nel 2014 a 2.965 euro mensili nel 2023), nettamente inferiore al dato nazionale. Considerando l’inflazione, nel 2023 la spesa delle famiglie diminuisce in termini reali del 10,5% rispetto al 2014.
“Il caro-prezzi che ha imperversato in Italia lo scorso anno ha creato l’assurdo paradosso per cui le famiglie, pur riducendo i consumi, si sono ritrovate a spendere di più – ha affermato il presidente Codacons, Carlo Rienzi – Le misure attuate dal Governo per mitigare gli effetti dell’inflazione, a partire dal paniere salva-spesa, non hanno prodotto gli effetti sperati. L’ennesima conferma di come i rincari dei listini al dettaglio impattino sugli italiani riducendo la capacità di spesa e costringendo le famiglie a tagliare i consumi. Rincari che vanno contrastati con misure efficaci e strutturali e non con provvedimenti spot inadeguati a tutelare le tasche delle famiglie”.
Assoutenti che definisce la situazione “una vera e propria Caporetto sul fronte dei consumi in Italia nel 2023″, giudicando “allarmanti” i numeri su spesa e povertà diffusi. “Per gli alimentari, ad esempio, la spesa dei cittadini è salita del 9% nel 2023 a causa dei fortissimi incrementi dei listini al dettaglio, a fronte di una riduzione dei consumi nello stesso comparto del -3,7% su base annua. Sempre meno cibo e bevande in tavola, quindi, con gli italiani che in volume hanno tagliato la spesa alimentare per complessivi 6 miliardi di euro”, ricorda Melluso. Ma i rincari dei prezzi hanno generato anche nuovi poveri nel nostro paese. “Le famiglie in povertà assoluta salgono infatti dall’8,3% del 2022 all’8,5% del 2023, un dato che non può essere sottovalutato. Per questo chiediamo al governo di avviare misure sul territorio volte a combattere le speculazioni sui prezzi al dettaglio e tutelare la capacità di spesa dei cittadini, a partire dalla definizione a livello locale panieri di prodotti a prezzi calmierati, in modo da sostenere le famiglie alle prese con la spesa quotidiana”.