Tari, costo più alto al Centro e Sud Italia per la tassa sui rifiuti: l’analisi dell’Upb
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I costi della Tari, la tassa sulla gestione dei rifiuti in Italia, risultano più elevati nei Comuni del Centro e del Sud Italia, con significative differenze anche all’interno delle stesse macro-aree. A incidere sono principalmente i maggiori costi variabili legati alla mancanza di impianti adeguati per il trattamento e lo smaltimento, oltre alla dimensione dei Comuni, che influenza sia le spese fisse che quelle variabili. È quanto evidenzia l’Ufficio parlamentare di bilancio.
La capacità di riscossione dei Comuni risulta limitata e tende a ridursi all’aumentare della popolazione residente. Nel triennio 2021-2023, gli incassi medi si attestano all’85% degli importi accertati, con marcate differenze territoriali: il Nord raggiunge il 94%, il Centro l’86%, mentre il Sud si ferma al 77%. Inoltre, la riscossione dei crediti Tari maturati negli anni precedenti (conto residui) risulta inferiore rispetto a quella dei crediti dell’anno in corso o derivanti da adempimenti spontanei.
Dove c’è un servizio di qualità aumentano gli adempimenti spontanei
Nel 2023, metà degli Enti locali analizzati ha riscosso in conto competenza meno del 71,4% della Tari accertata, mentre la riscossione dello stock dei residui attivi si è attestata a meno del 24,3%. I versamenti spontanei e la capacità di recupero dei crediti tributari tendono a ridursi con l’aumento del livello del tributo, sia nei confronti tra Comuni sia all’interno dei singoli Enti. Un fenomeno simile si osserva anche con l’aumento della popolazione comunale, pur in presenza di significative variazioni tra Enti di dimensioni simili. Inoltre, a parità di popolazione, i Comuni più urbanizzati registrano livelli inferiori di riscossione in conto competenza.
Nella grafica sottostante sono presenti i dati della riscossione in conto competenza (a sinistra) e quelli in conti residui (a destra).
Fonte: elaborazioni su dati dei Documenti di contabilità analitica Bdap (aggiornamento al 10/2024).
L’adempimento spontaneo, tuttavia, cresce in presenza di una maggiore qualità del servizio, una maggiore ricchezza dei contribuenti e investimenti volti a migliorare la gestione amministrativa del tributo. Diversamente, la riscossione in conto residui aumenta con la capacità di recupero dei crediti relativi alle entrate da servizi, probabilmente perché le attività di riscossione coattiva sono generalmente coordinate per tutte le tipologie di entrata.
Questo tipo di riscossione risulta inoltre più elevato quando i costi fissi del servizio, legati alla remunerazione del capitale, sono maggiori. Tali costi comprendono non solo le quote di ammortamento del capitale investito, ma possono includere anche la quota relativa alla tassa non riscossa.
Upb: “Fondamentale il superamento dei divari territoriali”
Dall’analisi dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio emergono alcune considerazioni rilevanti. In primo luogo, “il superamento dei divari territoriali nella dotazione impiantistica, particolarmente evidente nelle Regioni del Centro e del Sud, rappresenta un obiettivo cruciale del Pnrr – spiega nel report Upb – Tale intervento è indispensabile per rendere la Tari uno strumento efficace nella riduzione dei rifiuti prodotti, garantire un’imposizione equa tra le diverse aree del Paese e migliorare la capacità degli Enti locali di coprire integralmente i costi del servizio”.
Inoltre, “la mancata riscossione di parte della Tari compromette questa copertura, costringendo molti Comuni – soprattutto nel Sud, dove le finanze locali sono più fragili e i servizi spesso carenti – a ricorrere ad altre risorse di bilancio per garantire la continuità del servizio. Questa necessità, tuttavia, si traduce spesso in un sacrificio per altri settori comunali”.
Inoltre, l’utilizzo di risorse alternative riduce la percezione della Tari come una benefit tax, ovvero una tassa direttamente correlata ai benefici ricevuti. Ciò ne compromette l’efficacia come strumento per promuovere comportamenti virtuosi e incentivare la riduzione dei rifiuti.