Crac SVB e Fed: ecco come potrebbe cambiare trend tassi
SVB ovvero Silicon Valley Bank: la Fed inizia ad essere realmente preoccupata. Uno dei cigni neri per eccellenza nel mercato finanziario è costituito da Lehman Moment.
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Silicon Valley Bank (SVB): davvero come Lehman?
La bancarotta di Lehman Brothers del 2008 costituisce, a tutti gli effetti, l’attimo nel quale un problema finisce per diventare un vero e proprio guaio per tutti.
In un certo senso è come il sasso che viene lanciato in uno stagno: dal punto della sua caduta in acqua si irradiano dei cerchi verso l’esterno.
Questo è l’evento più temuto dalla Federal Reserve.
Da quando è scoppiata la crisi dei mercati subprime, continua a perseguitarla lo stigma di aver sottovalutato il rischio sistemico, che in quel momento incombeva sul sistema finanziario statunitense.
I timori della Fed
La Fed inizia ad essere preoccupata.
Dal 2008 ad oggi, i ratio patrimoniali delle principali istituzioni bancarie statunitensi sono stati rafforzati.
La situazione in cui si trova la Silicon Valley Bank (Svb), dopo che è stato nominato un curatore, è un segnale particolarmente chiaro:
la completa e totale blindatura del sistema finanziario statunitense non è mai completamente garantita.
Qualsiasi nave e addirittura un sottomarino possono affondare in qualsiasi momento.
Questa volta il sistema bancario americano sembra destinato a pagar dazio dalla furia con cui la Fed ha deciso di rottamare l’era del denaro facile, quella che è stata battezzata con l’acronimo Zirp, che sta per Zero interest rate policy.
Sì certo, tutti sappiamo quali sono le intenzioni: scagliarsi a testa bassa, come un toro, contro l’inflazione.
Da marzo dello scorso anno sono stati effettuati otto rialzi dei tassi: fino ad oggi non hanno ancora debilitato l’economia reale.
Ma hanno scavato una vera e propria voragine nei bilanci di alcune banche, che stanno registrando delle minusvalenze sui bond Usa e sono alle prese con le insolvenze sui mutui per la casa.
I margini di interessi legati a tassi più alti, secondo alcuni analisti, starebbero compensando le perdite sugli investimenti a lungo termine.
Per il momento, comunque, Silicon Valley Bank (Svb) potrebbe essere il classico canarino nella miniera.
L’istituto ha registrato quasi due miliardi di perdite dalla vendita di securities per circa 21 miliardi di dollari: una spia di un malessere che sta coinvolgendo, in maniera più o meno profonda, l’intero ecosistema statunitense.
La retorica di Powell
Cosa sarà, a questo punto, della retorica da falco di Jerome Powell?
Alcuni osservatori ritengono che possa finire su un binario morto.
Il rischio è di far perdere peso ai dati che sono arrivati nei giorni scorsi dal mercato del lavoro statunitense: 311mila nuovi posti di lavoro creati nel corso del mese di febbraio. Un numero ben superiore rispetto al consenso di 200mila, ma il tasso di disoccupazione è passato dal 3,45 al 3,6%.
I mercati ne stanno prendendo atto: decidere di alzare i tassi dello 0,50% nella riunione del 21.22 marzo potrebbe essere intesa come un’esibizione muscolare con poco senso.
Sarah Hewin, economista senior presso la Standard Chartered Bank di Londra, ha messo in evidenza come ci possano essere dei rischi aggiuntivi di stress finanziario.
Il 56% dei trader si aspetta a questo punto, dopo il collasso di SVB, un aumento di 25 punti base, mentre all’inizio della settimana oltre il 75% scommetteva su una stretta di mezzo punto.
Addirittura alcuni analisti pensano che si possa arrivare ad un taglio dello 0,25% dei tassi nella seconda metà del 2023.
Il cambio di scenario potrebbe essere radicale ed inquietante.
La Fed di Jerome Powell, a questo punto, potrebbe essere costretta a suonare una nuova musica e a tenere conto dei problemi contro i quali si stanno scontrando le banche statunitensi.