Direttiva Ue case green: in Italia cinque milioni di immobili da riqualificare (in tempi brevi)
Il mattone, considerato un vero e proprio bene rifugio, resta sempre in cima alla lista dei desideri degli italiani. Tanto che la ricchezza delle famiglie nostrane è significativamente legata alle abitazioni di proprietà. La “cassaforte degli italiani”, un asset che vale oltre 5.200 miliardi di euro, rischia però di perdere valore in assenza di interventi di efficientamento e riqualificazione. Il motivo? Il parco immobiliare italiano è vetusto e altamente energivoro. Circa 35 milioni di unità immobiliari di cui il 70% ha più di 40 anni, l’80% è pre-1990, a cui va la responsabilità del 45% dei consumi energetici nazionali (quasi il 30% va ricondotto al settore abitativo, composto per il 79% da consumi termici e per il 21% da consumi elettrici) e di buona parte delle emissioni di CO2.
Direttiva case green: cosa impone l’Ue
Uno scenario ben noto all’Ue tanto che una recente Direttiva Case Green o, più correttamente, Direttiva sulla Prestazione Energetica degli Edifici, approvata dal Parlamento europeo si pone come obiettivo la riduzione, entro il 2030, delle emissioni di gas serra e dei consumi energetici nel settore edilizio. Ma soprattutto di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050. Gli obiettivi verranno centrati anche attraverso la ristrutturazione del maggior numero possibile di edifici con le prestazioni energetiche peggiori. E fornendo una maggiore informazione sul rendimento energetico.
In soldoni, gli edifici di nuova costruzione dovranno essere ad emissione zero già a partire dal 2030, mentre quelli nuovi occupati o di proprietà delle autorità pubbliche, a partire dal 2028, dovranno essere a zero emissioni.
Cinque milioni di immobili residenziali, appartenenti alle classi più energivore, dovranno essere riqualificati in tempi relativamente brevi. Milioni di immobili usciranno presto dal mercato, con effetti dirompenti sui risparmi delle famiglie.
Osservatorio REbuild: penalizzati i centri meno vivaci e dinamici
A sostenere che la direttiva UE rapprseenti un’opportunità per il Paese è l’Osservatorio di REbuild stilato dal dipartimento di culture del progetto dell’Università Iuav di Venezia guidato dal professore Ezio Micelli, anche se lo stesso pone l’accento sulle rilevanti differenze tra città grandi e medio-piccole.
Un anno fa, uno studio prodotto per REbuild dimostrava, per la prima volta con numeri alla mano, quanto dall’efficientamento energetico di un immobile derivasse un ritorno positivo in termini di risparmio dei costi, attrattività e valore di mercato. La nuova ricerca amplia e approfondisce l’analisi dell’impatto dell’efficientamento sia in termini di dato economico, sia in relazione a più mercati territoriali, proprio in concomitanza con la revisione della direttiva UE sulle ‘Case Green’.
Il mercato riconosce che ai prezzi più elevati corrispondono livelli più elevati di prestazioni energetiche, soprattutto nei centri di medie dimensioni rispetto alle grandi città. Ciò significa anche che la mancata riqualificazione comporta una maggiore erosione del valore della proprietà in centri che sono già caratterizzati da valori di mercato più bassi, meno vivaci e meno dinamici.
“La transizione – è il rischio segnalato – può sembrare ingiusta poiché colpisce in modo sproporzionato coloro che hanno valori immobiliari più bassi e mezzi limitati per provvedere ai miglioramenti tecnologici delle proprietà”, si legge nello studio.
Considerando il mercato immobiliare in sei città italiane – tre metropolitane (Milano, Torino e Firenze) e tre città di medie dimensioni (Padova, Mestre e Bergamo) – includendo quasi 3.000 proprietà di cui sono state registrate le principali caratteristiche locazionali, tipologiche e tecnologiche in conformità con la classificazione dell’Agenzia delle Entrate, emerge con chiarezza nelle città di medie dimensioni, il divario medio nel prezzo premium tra proprietà ad alta efficienza (classe A) e proprietà a bassa efficienza (classe G) è del 30%, mentre arriva al 14% tra proprietà di classe D e classe G.
Nelle città metropolitane, il divario nel prezzo premium tra proprietà ad alta efficienza (classe A) e proprietà a bassa efficienza (classe G) è del 15%, e diminuisce al 6% tra proprietà di classe D e classe G. In conclusione, dice l’osservatorio, “ne emerge una polarizzazione dei valori immobiliari tra territori e gruppi sociali, che si verifica principalmente tra coloro che hanno i mezzi finanziari per investire in aggiornamenti tecnologici per la loro proprietà e coloro che non lo fanno, e ancora, tra i proprietari nei grandi centri e quelli nei centri di medie e piccole dimensioni”.