Economia circolare: volano le performance dell’Italia, prima in Europa davanti a Germania
Il cambiamento climatico è un rischio finanziariamente rilevante per le società quotate in borsa e si colloca in cima alla lista delle preoccupazioni degli investitori. È quindi importante migrare a nuovi sistemi di consumo e produzione che abbiano al centro la sostenibilità, ma non è una transizione semplice.
Così emerge dallo studio di Rome Business School, parte di Planeta Formación y Universidades creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta, dal titolo “Sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa in Italia. Economia circolare e compliance tra PNRR e nuove direttive europee”. I servizi di Environmental, Social and Governance (ESG) cresceranno a 100 trilioni nel 2025 con un tasso di crescita annuale cumulato del 32,3% e l’Italia si trova davanti a Germania, Polonia, Spagna e Francia per trend di circolarità.
Il nostro Paese si conferma quindi come il Paese con maggiore incremento nelle proprie performance in materia di economia circolare negli ultimi cinque anni tra le cinque principali economie europee. Il Bel Paese, infatti, ottiene 20 punti e stacca di quattro Germania e Polonia, classificate in seconda posizione, mentre Spagna e Francia hanno totalizzato solo 14 punti.
Tuttavia tra le PMI italiane analizzate sul territorio, solo l’8,83% del campione ha dichiarato di avere una conoscenza precisa del concetto di economia circolare.
Indicazioni Geografiche: lo stato dell’arte in Italia
Lo studio della Rome Business School inoltre rivela che i sistemi e gli standard di qualità possono svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere la sostenibilità aziendale, l’economia a zero emissioni e l’economia circolare. Se ben indirizzati e adottati in un nuovo contesto tecnologico, questi saranno in grado di supportare la transizione ecologica e produrre molti effetti socioeconomici e ambientali positivi. A livello europeo, l’area mediterranea rappresenta quasi il 70% di tutti i prodotti di Indicazione Geografica (IG) registrati nel continente. L’Italia è in testa alla classifica, seguita da Francia, Spagna, Portogallo e Grecia, ma il riscaldamento del pianeta e il cambiamento climatico stanno provocando dei cambiamenti che richiederanno una rivalutazione dei prodotti e di come vengono lavorate le materie prime a disposizione.
Secondo un Rapporto Ismea-Qualivita (2021), a dicembre 2021, si contavano 3.249 prodotti DOP IGP STG nel mondo, di cui 3.043 registrati nei Paesi europei. L’Italia ne ha il primato con 841 prodotti certificati. Questi prodotti rappresentano sul territorio italiano il 19% del fatturato totale dell’agroalimentare e costituiscono un solido traino per l’economia e l’export nazionale con circa 9,5 miliardi di euro di entrate, pari al 20% delle esportazioni italiane del settore nel 2020. Attualmente, le prime cinque regioni che superano 1 miliardo di valore economico delle filiere IG sono: Veneto (3,7 mld €), Emilia-Romagna (3,3 mld €) e Lombardia (2,1 mld €).