Europa, l’economia vacilla. Ripresa a rischio?
La ripresa economica in Europa tarda ad arrivare.
Qualche dubbio e qualche perplessità sono, infatti, stati messi in evidenza dai dati preliminari Pmi, che hanno messo in evidenza come, nel vecchio continente, continuino ad esserci ancora dei problemi, con l’industria che continua ad arrancare.
Dando uno sguardo ai dati preliminari Pmi di maggio emerge un problema che deve essere ancora risolto:
nella zona euro, l’attività manifatturiera è diminuita nel corso dell’ultimo mese ad un ritmo più veloce rispetto a quando, tre anni, la pandemia ha costretto a chiudere le fabbriche.
Questi dati mettono in evidenza un vero e proprio problema: si rischia di minacciare lo slancio di un’economia che, almeno in questo momento, risulta essere guidata dai servizi.
I numeri dei Pmi, complessivamente, sembrerebbero indicare che è in corso un’espansione complessiva.
La domanda a cui dare una risposta, però, è un’altra: a quale ritmo?
Al momento sembrerebbe essere messa in dubbio la capacità della zona euro di raggiungere una crescita dello 0,4% per trimestre, così come è stata indicata dalle previsioni della Commissione europea pubblicata la scorsa settimana.
La ripresa economica in Europa: i problemi da affrontare
Nell’Eurozona la crescita delle imprese continua a rimanere resiliente. Anche se, nel corso del mese di maggio, è leggermente rallentata.
L’industria dei servizi ha perso un po’ dello smalto e della sua vivacità, mentre la flessione del settore manifatturiero si è appesantita.
Il Composite Purchasing Managers Index (PMI), che viene compilato da S&P Global, è sceso da 54,1 di aprile a 53,3 di maggio.
Rimane, comunque vada, al di sopra della linea segnata del 50 che separa la crescita dalla contrazione. Ma è pur sempre al di sotto della stima di Reuters a 53,5.
Cyrus de la Rubia, capo economista di Hamburg Commercial Bank, ritiene che “è probabile che il Pil della zona euro sia cresciuto nel secondo trimestre grazie allo stato di salute del settore dei servizi. Tuttavia, il settore manifatturiero è un potente freno allo slancio dell’economia nel suo complesso”.
La domanda dei manufatti è in calo, me soprattutto il Pmi delle fabbriche è passato da 45,8 a 44,6, che è il minimo dal mese di maggio 2020: in quel periodo, però, la pandemia aveva pesantemente fermato tutto il mondo.
In questo caso, il sondaggio effettuato da Reuters aveva previsto un 46,0.
Notizie non positive nemmeno per quello che riguarda la produzione, che va ad alimentare direttamente il PMI composito: in questo caso è stata registrata una flessione a 46,3 dal precedente 48,5.
Alla lettura di questi numeri si vanno ad aggiungere le preoccupazioni relative ai problemi di produzione in Germania, che, è bene ricordarlo, è la più grande economia europea. E che costituiscono un freno per la ripresa economica nella regione più ampia.
Quest’anno, in Germania, è attesa una crescita zero: le aziende non stanno registrando delle prove evidenti che possano mostrare una ripresa realmente solida e duratura.
Le indicazioni, in questo caso, ci arrivano direttamente dall’Unione delle Camere di Commercio e Industria Tedesche.
Si indebolisce lo slancio dei servizi
Anche per quanto riguarda il settore dei servizi, i numeri non convincono in maniera decisa.
Il Pmi per il settore servizi, infatti, è passato da 56,2 a 55,9. In questo caso il calo è stato meno ripido rispetto a quanto previsto da Reuters, che lo aveva fissato a 55,6.
Da segnalare, comunque vada che, benché nel segmento dei servizi la crescita sia rallentata, le aziende hanno provveduto ad aumentare l’organico ad un ritmo sostenuto.
L’indice di occupazione ha toccato quota 55,0, benché sia rimasto inferiore rispetto al massimo di 11 mesi di aprile (55,6).