La tredicesima in più della Meloni solo per pochissimi. Ecco i perché del flop dei fringe benefit
Definiti dalla premier Meloni, una “seconda tredicesima”, la realtà invece pare molto diversa. Parliamo dei fringe benefit, espressione con cui si intende una forma di retribuzione erogata dall’azienda in beni e servizi al lavoratore, dai buoni acquisto, pc o telefoni aziendali, alloggi in affitto al dipendente o alla famiglia.
Il decreto Aiuti quater, il DL n. 176 del 18 novembre 2022, ha aumentato il limite dell’esenzione fiscale dei cosiddetti “fringe benefit” aziendali, dai 600 euro attuali ai 3mila euro ed è stato stabilito che nel novero dei benefit possono rientrare anche le somme erogate per pagare le bollette. Ma le novità introdotte con il decreto Aiuti resteranno in vigore però solo fino al 31 dicembre 2022. Al momento non risulta che ci sia l’idea di prorogarle.
Come riporta Repubblica, un primo sondaggio tra gli addetti ai lavori indica che poche saranno le aziende coinvolte e pochissimi i soldi in arrivo. I motivi è che quasi tutte le aziende hanno già chiuso i budget 2022. Tra le grandi aziende uscite finora allo scoperto c’è solo Intesa Sanpaolo, che per dare un supporto concreto alle proprie persone nell’affrontare i rialzi dei prezzi in atto, provvederà, con la mensilità di dicembre, all’erogazione una tantum di 500 euro richiesta dalle OO.SS. La misura interessa 70 mila persone che operano in Italia, esclusa la dirigenza.
In ogni caso non sembrano proprio la tredicesima aggiuntiva come ha detto la premier. Ne è convinto anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. “Primo perché la platea dei lavoratori che usufruisce di queste agevolazioni è molto ridotta – ha spiegato – i primi conteggi parlano di circa un 17% quindi molto pochi; secondo non ci convince perché si sposta la palla nel campo delle imprese”. “Alcune imprese li potranno erogare, altre li potranno erogare in maniera parziale e altro non potranno pagarli perché non sono nelle condizioni in questo momento dato l’aumento delle materie prime e dei costi energetici di avere spazi di bilancio e di finanza per poterlo pagare”. Quindi “noi chiediamo che l’assunzione di responsabilità, se si vuole intervenire a favore dei lavoratori per mettere più soldi in tasca agli stessi, sia presa dal parte del governo: il taglio delle tasse sul lavoro”.