Il reddito di cittadinanza è discriminatorio. Lo dice l’Unione europea
Una vera e propria spada di Damocle pende sulla testa del reddito di cittadinanza. L’Unione europea ha aperto un procedimento sulla misura promossa dal Movimento 5 Stelle, che risulterebbe essere discriminatoria.
L’Italia si trova sottoposta ad una procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea: a finire al centro dell’attenzione sono l’assegno unico ed il reddito di cittadinanza. Ecco cosa rischia, adesso come adesso, il nostro paese.
Reddito di cittadinanza ed assegno unico: l’infrazione
Non c’è pace per il reddito di cittadinanza: la misura, fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, è finita al centro di una procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea.
Sul banco degli imputanti vi è finito anche l’assegno unico.
Bruxelles, infatti, ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora: a finire sotto la lente d’ingrandimento sono i criteri necessari per ottenere le due misure di sostegno, che non sono considerati in linea con il diritto dell’unione europea in materia di libera circolazione dei lavoratori.
Ma non solo: le due misure non sarebbero nemmeno in linea con i diritti dei cittadini e i diritti a lungo termine dei residenti e di protezione internazionale.
La domanda, a questo punto, che è necessario porsi, è perché il reddito di cittadinanza è ritenuto discriminatorio?
La procedura d’infrazione è stata avviata dall’Europa nei confronti dell’Italia perché uno dei criteri per ricevere il contributo economico è in contrasto con il diritto comunitario.
A finire nell’occhio del ciclone è una delle condizioni per poter accedere al sussidio: aver risieduto per almeno 10 anni in Italia, dei quali due consecutivi.
Le leggi europee prevedono che le prestazioni di assistenza sociale, così come è ritenuto il reddito di cittadinanza, devono essere accessibili pienamente e completamente a tutti i cittadini dell’Unione europea, indipendentemente dal fatto che siano dei lavoratori subordinati, autonomi o disoccupati.
Indipendentemente dal loro eventuale status di residente. È necessario, inoltre, che possano accedere al sussidio anche i cittadini comunitari che non lavorino per altri motivi, con la sola condizione che siano residenti legalmente in Italia.
L’Unione europea, tra l’altro, ha previsto una direttiva che prevede debbano poter accedere al reddito di cittadinanza anche i residenti extracomunitari.
La Commissione europea ritiene che il requisito della residenza da dieci anni in Italia si qualifichi come discriminazione indiretta, perché più probabile che siano i cittadini non italiani a non soddisfare questo requisito.
Il sussidio discrimina dunque i beneficiari di protezione internazionale, che non possono richiedere il sussidio, mentre il requisito della residenza potrebbe impedire di trasferirsi per lavoro fuori dall’Italia.
I problemi dell’assegno unico
Problemi anche per l’assegno unico, per il quale la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione.
Anche in questo caso a finire sotto la lente d’ingrandimento sono i criteri per poterlo ottenere: lo possono richiedere, infatti, solo quanti sono residenti in Italia da almeno due anni e solo se risiedono nella stessa famiglia dei loro figli.
Anche in questo caso, la Commissione ritiene che sia stato violato il diritto dell’Ue, perché non vengono garantiti gli stessi diritti ai cittadini comunitari. Da non dimenticare, inoltre, che il regolamento europeo sul coordinamento della sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari.