Finanza Imprese e la difficoltà di trovare personale. Questione di competenze (che scarseggiano)

Imprese e la difficoltà di trovare personale. Questione di competenze (che scarseggiano)

7 Agosto 2024 12:24

Il 69,8% delle imprese ha difficoltà a trovare del personale, mentre due imprese su tre ammettono che ci sono dei problemi nel reperire le competenze necessarie. È quanto emerge dall’indagine Confindustria sul lavoro 2024, attraverso la quale è stata scattata una fotografia dei problemi delle aziende nella ricerca di personale qualificato. La maggior parte di questi è legato alla mancanza di competenze tecniche e della capacità di svolgere delle mansioni manuali.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di comprendere cosa emerge dall’analisi effettuata da Confindustria.

Le imprese non riescono a trovare personale competente

L’indagine Confindustria sul lavoro è stata svolta nel periodo compreso tra febbraio e aprile 2024. E permette di analizzare le informazioni relative al 2023 e di inizio 2024 sull’occupazione e le politiche di gestione del lavoro delle aziende.

Dallo studio emerge che, tra le aziende alla ricerca di personale, il 69,8% sta riscontrando delle difficoltà a reperire dei lavoratori. Entrando un po’ più nel dettaglio circa i problemi riscontrati, si nota che principalmente mancano le competenze tecniche – segnalate dal 69,2% delle imprese – e ci sono dei problemi per le mansioni manuali – a livello nazionale segnalato nel 47,9% dei casi, che sale al 58,9% nel settore industriale.

Ossevando gli ambiti aziendali, si scopre che almeno in due casi su tre le difficoltà vengono riscontrate nella ricerca di competenze funzionali alla transizione digitale. In un terzo dei casi i problemi sono connessi ad una maggiore internazionalizzazione dell’impresa e nel 15% sono relative alla transizione green.

Per fornire una risposta alla necessità di maggiori competenze da parte dei lavoratori, le imprese prevedono di avviare delle attività di formazione che siano rivolte al personale attualmente in forza (ha intenzione di farlo il 59,7% delle aziende). Poco meno della metà delle imprese – ossia il 49% – ha fatto ricorso a delle consulenze esterne e quasi un terzo – pari, nello specifico, al 28,5% – ha ammesso di essere coinvolta in programmi educativi sul territorio.

Il ricorso al lavoro agile

L’indagine Confindustria, inoltre, si sofferma  sul lavoro agile. Il 32,6% delle imprese intervistate ha fatto ricorso allo smart working nel corso del 2024. La percentuale risulta essere quadruplicata rispetto al numero delle imprese che lo utilizzavano prima del Covid 19.

Soffermandosi nello specifico all’intensità di utilizzo dello smart working, nelle imprese dove è previsto, il 34% dei dipendenti non dirigenti ha utilizzato questa modalità di lavoro, lavorando da casa per due o tre giorni a settimana.

L’applicazione dei contratti collettivi

Dall’analisi emergono, inoltre, importanti numeri circa l’applicazione dei contratti collettivi aziendali e delle materie che vengono regolamentate da questi accordi. Un quarto delle imprese – il 25,2% . a inizio 2024 ha applicato un contratto aziendale, che è stato firmato con RSU/RSA o con delle rappresentanze territoriali. Nell’industria in senso stretto è stata registrata la diffusione maggiore, dove viene applicato nel 33,4% delle imprese. Percentuali minori si trovano nei servizi: 18,1%. L’applicazione maggiore avviene nelle imprese più grandi (76,9% in quelle con 100 o più dipendenti) rispetto a quelle più piccole (11,6% fino ai 15 dipendenti).

La contrattazione aziendale mostra una diffusione maggiore se viene calcolata sulla base degli addetti: risultano occupati presso aziende che la applicano il 65,1% dei dipendenti nel
campione complessivo – media tra il 69% registrato nell’industria in senso stretto e il 59,1% registrato nei servizi.

Le materie regolate dal contratto aziendale – si legge nell’indagine – sono principalmente i premi di risultato collettivi (nel 60,4% dei contratti), la conversione dei premi di risultato in welfare (47,7%), l’orario di lavoro (46,7%), l’offerta di servizi di welfare aggiuntivi (39%), la conciliazione vita-lavoro (36,7%).