Imu: è tempo di conguaglio. Terza rata da pagare a febbraio
Conguaglio Imu 2023 in vista per alcuni contribuenti. L’eventuale nuovo addebito – non è detto, infatti, che lo debbano effettuare tutti i contribuenti – è, sostanzialmente, una conseguenza di una proroga che è stata concessa nel corso del 2023 a 213 piccoli comuni, che hanno avuto più tempo per provvedere a comunicare le aliquote Imu da applicare per il periodo d’imposta 2023.
Questa importante novità è stata prevista dalla Legge di Bilancio 2024, il cui articolo 72 ha introdotto una norma relativa alla tempestività delle delibere regolamentari e di approvazione delle aliquote che hanno come oggetto i tributi locali. Tra queste rientra anche l’Imu. Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo cosa comporta tutto questo per i diretti interessati.
Imu 2023: tempo di conguagli nel 2024
Solo e soltanto per il 2024, relativamente all’Imu dovuta per il periodo d’imposta 2023, potrebbe essere necessario procedere con il conguaglio. Questa operazione potrebbe rendersi necessaria perché è stata riconosciuta una proroga eccezionale – solo e soltanto per il 2023 – per comunicare le aliquote Imu che dovranno essere applicate. A seguito di questo differimento, una parte dei contribuenti italiani potrebbe trovarsi nella necessità di versare la terza rata dell’Imu 2023. In altre parole sarà necessario conguagliare quanto versato lo scorso anno.
Il versamento della terza rata dell’imposta che pesa sulle proprietà immobiliari deve essere effettuato entro e non oltre il 29 febbraio 2024. Ricordiamo che l’Imu grava sulla proprietà ed il possesso dei seguenti beni:
- immobili, con l’esclusione della prima casa;
- aree fabbricabili;
- terreni agricoli.
Ad introdurre il terzo versamento è stata la Legge di Bilancio 2024. Il versamento dovrà essere effettuato solo e soltanto nel caso in cui sia dovuto un qualsivoglia importo a conguaglio. In altre parole, i soggetti tenuti al versamento, devono far fronte ad un aumento retroattivo dell’Imu da versare.
Quanti comuni sono in ritardo
Ma sostanzialmente il ritardo della comunicazione delle aliquote Imu quanti comuni coinvolge? Le amministrazioni comunali, che non riuscivano ad espletare questa operazione per tempo, sono state 213. Nella maggior parte dei casi sono dei comuni con meno di 20.000 abitanti: solo cinque superano questa densità demografica.
La prassi vorrebbe che, nel caso in cui comuni non riescano ad inviare al ministero dell’Economia e delle Finanze le delibere sulle aliquote Imu che devono essere applicate, è necessario fare riferimento a quelle dell’anno precedente. Solo e soltanto per il 2023, invece, si è deciso di procedere in maniera differente: è stata concessa ai Comuni una deroga, in modo da evitare degli ammanchi pesanti nelle loro casse.
Ricordiamo che, normalmente, l’Imu deve essere pagata in due distinte rate. La prima, che costituisce l’acconto, deve essere versata entro il 16 giugno di ogni anno. Questo importo viene calcolato basandosi sulle aliquote fissate dal Comune (dove sono collocati gli immobili, non quello di residenza del contribuente) l’anno precedente. Il saldo, invece, deve essere effettuato entro il 16 dicembre di ogni anno (nel 2023 questo giorno è capitato di sabato, quindi tutto è slittato al 18). In questa seconda rata, invece, vengono applicate le aliquote fissate dal Comune per l’anno in corso, che devono essere necessariamente comunicate al Mef entro e non oltre il 14 ottobre.
Nel caso in cui gli enti locali dovessero decidere di modificare le aliquote Imu devono comunicare le proprie delibere direttamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze, il cui compito è quello di pubblicarle all’interno del proprio portale. Questa comunicazione deve essere effettuata entro i termini stabiliti: in caso contrario verrà applicata l’aliquota dell’anno precedente.
Per l’Imu 2023, sostanzialmente, è stata effettuata un’eccezione per andare incontro ai comuni. Vengono ritenute inviate tempestivamente le delibere inserite entro lo scorso 30 novembre 2023. Il termine per la pubblicazione è stato posticipato al 15 gennaio 2024.