Finanza Morsa inflazione: per Bce 7 famiglie su 10 cambiano i consumi

Morsa inflazione: per Bce 7 famiglie su 10 cambiano i consumi

20 Marzo 2024 15:18

Il 69% delle famiglie ha adattato i propri consumi, anche riducendo sia la quantità che la qualità delle spese. Il 43% ha utilizzato i risparmi, mentre una percentuale minore, pari al 31%, ha cercato di incrementare le entrate, anche attraverso straordinari e lavori aggiuntivi. Queste sono le strategie adottate per affrontare la crisi dell’inflazione e l’aumento dei prezzi. Sono questi alcuni spunti che emergono da uno studio recentemente pubblicato dalla Banca Centrale Europea (Bce), basato sui dati del Consumer Expectations Survey (Ces) della stessa Bce, riguarda il modo in cui le famiglie hanno modificato i loro comportamenti di spesa e risparmio per far fronte all’elevata inflazione.

Lo studio evidenzia come lo shock inflazionistico abbia influenzato significativamente il comportamento dei consumatori, incidendo sulle loro abitudini di spesa. In generale, hanno adottato varie strategie per contrastare l’aumento dei prezzi, tra cui l’adeguamento dei consumi, la riduzione dei risparmi e l’aumento del reddito.

Giù i consumi delle famiglie, i commenti delle associazioni di consumatori

Tra coloro che hanno modificato esclusivamente i loro consumi, di fronte all’aumento del costo della vita e dei prezzi elevati, il 50% ha cercato alternative più convenienti altrove, il 33% ha sacrificato la qualità dei propri acquisti, e il 28% ha ridotto le quantità acquistate.

Il 35% degli intervistati ha dichiarato di avere sacrificato parte dei propri risparmi per sostenere i consumi. In termini di reddito, circa il 15% ha riportato di aver negoziato un aumento dello stipendio, mentre il 17% ha dichiarato di aver esteso le proprie ore lavorative o accettato un secondo impiego.

Inoltre, si è osservato uno spostamento delle preferenze dopo la revoca delle restrizioni sociali conseguenti alla pandemia. Questo cambiamento ha comportato un aumento nella percentuale di spese destinate a ristoranti, attività ricreative e viaggi: la quota di queste categorie nella spesa totale è salita dal 7,4% nel 2021 al 12,9% nel 2023, come riferito dalla Banca Centrale Europea.

Dati allarmanti e preoccupanti, che confermano quanto stiamo ripetendo da anni”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, commentando lo studio della Bce. “Le famiglie si arrabattano e si arrampicano sugli specchi pur di arrivare a fine mese. Ma se il 28% di chi modifica i propri consumi è costretta a ridurre le quantità, anche di spese obbligate come quelle alimentari, come denunciamo ogni volta in occasione dei dati Istat sulle vendite al dettaglio, è chiaro che la situazione è diventata drammatica, con conseguenze nefaste anche per la crescita del Paese, visto che i consumi delle famiglie rappresentano il 60% del Pil”, conclude Dona.

Per Anna Rea, presidente di Adoc (Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori), la Banca Centrale Europea “sigilla le difficoltà delle famiglie alle prese con il carovita“. “Oggettivamente i consumatori sono con le spalle al muro – prosegue Rea – Alla Meloni diciamo: di quale Paese parla quando sostiene che la povertà è sparita e che bisogna essere fieri dei risultati dell’Italia? Il Governo in tutto questo dov’è? All’Esecutivo chiediamo di intervenire in modo più incisivo sui prezzi per far ripartire consumi, commercio ed economia. Le politiche attuate fino ad ora sono risultate fallimentari”.

Perchè le famiglie italiane sono state quelle più colpite

Tra il 2021 e il 2022, l’area dell’euro ha registrato una significativa inflazione che ha particolarmente colpito le famiglie, soprattutto quelle italiane. Tale conclusione è stata tratta da un’analisi condotta dalla Banca Centrale Europea il 20 febbraio 2024, la quale ha evidenziato che l’impatto maggiore si è manifestato nei costi del welfare, incidendo direttamente sulla qualità del benessere sociale.

Vi si legge che “l’aumento a sorpresa dell’inflazione” in quel periodo “ha ridotto i redditi reali e la ricchezza netta della maggior parte delle famiglie poiché non vi è stato alcun aumento immediato degli stipendi e delle pensioni nominali, dei prezzi nominali delle case e del valore nominale di obbligazioni, depositi, contanti e debito a seguito dell’aumento del livello dei prezzi”. “Ciò ha influenzato i consumi presenti e futuri delle famiglie e quindi il loro benessere. Sebbene quelle più povere abbiano sofferto maggiormente della riduzione del potere d’acquisto del loro reddito, le perdite complessive di welfare sono state particolarmente elevate per i pensionati”.

Dall’analisi emerge che a pagarne maggiormente le conseguenze siano state le famiglie italiane. In media, infatti, una famiglia ha perso l’8% come reddito disponibile: è il dato più elevato. Sul fronte opposto si trovano la Francia e la Spagna, dove la perdita si è fermata al 3%. Perché questo si è verificato principalmente nel nostro paese? Secondo l’analisi della Bce, in Italia non c’è stato, nel 2021-22, un immediato aumento di pensioni e stipendi corrispondente alla perdita inflattiva.

Inflazione in calo, ma per l’abbassamento dei tassi si deve aspettare l’estate

Inflazione che comunque sta scendendo, anche se la Bce si aspetta un calo più consistente in estate. “Anche se l’inflazione è rallentata, rimane incertezza sulla sua persistenza“, ha affermato oggi la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, in occasione della conferenza “The ECB and Its Watchers XXIV”. A giugno, se i dati confermeranno il calo, la Bce “sarà in grado di rendere la politica monetaria meno restrittiva”, ma da lì in poi “ci sarà un periodo nel quale dovremo continuamente confermare che i dati supportano le prospettive d’inflazione”. Lagarde ha così confermato l’ipotesi di un primo taglio dei tassi di interesse da parte della stessa Bce, passaggio che comincerebbe ad avere i primi riflessi importanti sul calo dei costi di finanziamenti e mutui.