Inflazione-salari: il mal di testa della Bce. Cosa sta succedendo
Eurozona e Bce tra inflazione e incidenza salari su continue fiammate
Nel corso del mese di aprile, l’inflazione nell’Eurozona è risalita, contribuendo, in questo modo, a mantenere alta la tensione su quelle che potrebbero essere le politiche della Bce relativamente al rialzo dei tassi.
Ma perché i prezzi continuano ad aumentare e soprattutto cosa si devono aspettare in futuro gli investitori ed i consumatori?
Stando ai dati riportati da Eurostat, nel corso del mese di aprile l’inflazione, all’interno dell’Eurozona, ha accelerato ed ha confermato i dati preliminari.
I prezzi continuano a crescere in maniera sempre più ostinata in tutte le venti nazioni che utilizzano l’euro come moneta.
Senza dubbio siamo davanti ad una notizia non rassicurante, che potrebbe fornire alla Banca Centrale europea nuovi spunti per continuare nella politica intrapresa di rialzo dei tassi.
Particolare preoccupazione arriva dall’inflazione core, che a tutt’oggi continua a rimanere un problema a breve termine, anche se il dato ha mostrato un leggero rallentamento della fase crescente.
I dati, che sono appena stati resi pubblici dall’Eurostat, si vanno ad affiancare alle previsioni sull’inflazione e sulla crescita per il 2023 ed il 2024 che la Commissione europea ha appena rivisto.
Partendo proprio dai dati dell’inflazione e dalle ultime proiezioni di Bruxelles, sembrerebbe proprio che la Bce debba percorrere ancora molta strada.
Il tasso di inflazione annuo, secondo la Commissione europea, è destinato a crescere del 5,8% nel 2023 e del 2,8% nel 2024.
L’inflazione core dovrebbe crescere in media del 6,1% nel 2023 per poi scendere nel 2023 al 3,2%.
Ma perché l’inflazione continua a crescere?
Inflazione in crescita, ecco il perché
Complessivamente i prezzi, nell’Eurozona, sono cresciuti del 7,0% ad aprile e del 6,9% a marzo.
Ha registrato un rallentamento il rialzo dei prezzi alimentari, ma sono aumentati i costi dei servizi e dell’energia, andando a compensare la discesa registrata dai prodotti alimentari.
La crescita dei prezzi di fondo ha leggermente rallentato, ma continua ad accelerare il costo dei servizi:
una situazione che potrebbe far rimanere l’inflazione al di sopra del 2%, l’obiettivo previsto dalla Bce.
Volendo escludere i prezzi degli alimenti e dei carburanti che sono volatili, l’inflazione core è scesa dal 7,5% al 7,3%.
Andando ad escludere alcol e tabacco, la discesa è stata ancora più ristretta, passando da un 5,7% ad un 5,6%: questo è stato il primo calo dal mese di giugno.
Eurostat ha messo in evidenza che i tassi annuali più bassi sono stati registrati in:
- Lussemburgo: 2,7%;
- Belgio: 3,3%;
- Spagna: 3,8%.
Quelli più alti sono stati registrati in:
- Ungheria: 24,5%;
- Lettonia: 15,0%;
- Repubblica Ceca: 14,3%.
I veri responsabili degli aumenti
Alcuni analisti hanno messo in evidenza che sarà necessario aspettare il 2025 affinché l’inflazione possa centrare l’obiettivo della Bce del 2%.
In questo momento l’attenzione è rivolta principalmente ai servizi, che trainano l’inflazione.
A pesare è il costo del lavoro, che è aumentato dal 5,1% al 5,2%: è stato confermato il timore dei politici che la crescita dei salari nominali possa diventare pericolosamente veloce.
I salari reali risultano essere ancora bassi a causa dell’inflazione.
In crescita, invece, sono i salari nominali, che sono spinti dalla bassa disoccupazione e dalla crescente scarsità di manodopera, soprattutto nei servizi.
Secondo la Bce una crescita dei salari nominali pari al 3% potrebbe risultare coerente con il suo obiettivo di inflazione.
Nel 2023, però, l’aumento potrebbe essere almeno il doppio.
Accordi salariali troppo generosi in Germania, la più grande economia dell’Eurozona, aumentano il rischio che il costo del lavoro possa continuare a salire in modo particolarmente rapido il prossimo anno, andando a prolungare l’inflazione.