Intelligenza artificiale, gli italiani ritengono che vada regolamentata
Intelligenza artificiale e chatbot: cosa ne pensano gli italiani
L’intelligenza artificiale fa paura.
Inutile negarlo. Chat Gpt, da molti utenti, viene considerato come l’ultimo capitolo di un romanzo del terrore.
Certamente l’AI non è una novità di questi giorni: se ne parla ormai da tempo e gli algoritmi non sono più dei grandi sconosciuti.
Di intelligenza artificiale se ne parlava, inoltre, ancora prima che Microsoft decidesse di investire qualcosa come 10 miliardi di dollari in OpenAi e in Chat GPT, costringendo Google ad una frettolosa rincorsa per non rimanere indietro.
L’intelligenza artificiale, comunque vada, è diventa l’argomento del giorno.
È uno dei temi più caldi degli ultimi mesi ed è di stretta attualità.
L’intelligenza artificiale, una preoccupazione
Quanto l’intelligenza artificiale va ad impattare realmente sulle preoccupazioni degli utenti medi di internet?
A dare una risposta a questa domanda ci ha pensato un sondaggio di YouTrend, che è stato condotto su base nazionale su un campione di oltre 800 persone adulte.
Preparata per conto della Fondazione Pensiero Solido, questa analisi ha tentato di comprendere quale sia il livello di conoscenza degli italiani sull’intelligenza artificiale.
Il sondaggio si è focalizzato anche su quelle che potrebbero essere le possibili conseguenze per il mondo del lavoro.
Uno dei dati più importanti messi in rilievo dall’indagine è sicuramente il seguente: il 54% delle persone, che hanno risposto all’intervista, ha affermato di essere impreparata sull’intelligenza artificiale.
Il 59%, quindi una percentuale più alta che sale al 64% per gli over 55, ritiene che lo Stato debba intervenire direttamente sull’intelligenza artificiale e sulla sua applicazione, eventualmente arrivando anche a vietarne l’uso se questo si dimostrasse necessario.
O, comunque vada, andando a regolamentarne lo sviluppo ed il successivo uso.
Intervistato da Il Sole 24 Ore, Antonio Palmieri, fondatore e presidente Fondazione Pensiero Solido ha spiegato che la “ricerca dimostra che gli italiani desiderano da una parte capire meglio che cosa sia questa tecnologia e dall’altra si dicono preoccupati degli effetti che può generare, tanto che chiedono nella maggior parte dei casi un intervento normativo. Dobbiamo quindi uscire dall’emotività e arrivare a una consapevolezza diffusa, a chiarire le opportunità e le sfide dell’AI certi che la responsabilità maggiore sia in capo a chi progetta questi software. E sono per questo convinto che serva da parte di programmatori e imprese una responsabilità sociale aumentata”.
Il mondo del lavoro
Quando si parla di intelligenza artificiale le maggiori preoccupazioni riguardano il mondo del lavoro: in linea generale la percezione è che possa portare ad una riduzione dei posti di lavoro.
A pensarlo è il 51% degli intervistati, mentre per il 10% potrebbe aumentare le possibilità di impiego.
Un italiano su quattro – nello specifico il 26% – ritiene che le varie capacità di Chat Gpt non riusciranno ad impattare in maniera decisiva sui termini di volumi, ma avranno un ruolo attivo nel cambiare le mansioni ed i compiti dei lavoratori.
Senza dubbio il sondaggio ha avuto la capacità di mettere in luce il pensiero di molti lavoratori italiani.
Almeno il 55% degli intervistati ha ammesso che non sarebbe disposto a farsi dare delle istruzioni da un chatbot sul luogo di lavoro. Ad essere i più restii sono le donne e quanti risiedono al Sud. Il 37% degli intervistati è, invece, di parere opposto.
L’intelligenza artificiale è comunque considerata uno strumento utile per la valutazione automatica delle attività svolte mentre si lavora. Ed almeno in un caso su due sono considerati come un vantaggio: la percentuale sale tra i giovani in età compresa tra i 18 ed i 34 anni ed i laureati, mentre viene considerato come uno svantaggio nel 30% dei casi, perché l’AI viene considerata incapace di giudicare il lavoro di una persona.