Intesa Sanpaolo molla Abi. Ecco perché
Intesa Sanpaolo revoca la delega all’Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, per le trattative con i sindacati.
Una mossa che, a molti osservatori, è parsa ricordarne una simile effettuata da Sergio Marchionne nel 2011, quando l’allora amministratore delegato di Fiat aveva comunicato ad Emma Marcegaglia, che in quel momento era presidente degli industriali, che Fiat e Fiat Industrial avevano deciso di uscire da Confindustria.
Intesa Sanpaolo, invece, ha compiuto un passo meno drastico: la banca, che attualmente è guidata da Carlo Messina, continuerà a partecipare alle future attività del Comitato sindacale e del Lavoro, il cui scopo è quello di preparare e negoziare il contratto collettivo per il settore bancario.
Intesa Sanpaolo continuerà da sola
La prima banca italiana, d’ora in poi, continuerà a camminare da sola.
Certo, farà ancora parte dell’Abi, ma per quanto riguarda i contratti con i propri dipendenti farà da sola.
Intesa Sanpaolo ha deciso di revocare la delega all’associazione ad essere rappresentata:
la decisione arriva proprio nel momento in cui l’Associazione Bancaria Italiana sta procedendo con le trattative per il rinnovo del contratto nazionale, che è scaduto a dicembre ed è stato prorogato fino alla fine di aprile.
Intesa Sanpaolo, comunque, vada, continuerà a partecipare alle attività, che si terranno in futuro, del Comitato Sindacale e del Lavoro, il cui scopo principale è quello di preparare e negoziare il rinnovo del contratto.
Citato da Il Fatto Quotidiano, un portavoce di Intesa Sanpaolo spiega che la banca “proseguirà nel dialogo con le organizzazioni sindacali nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come sempre avvenuto, continuando a ritenere le relazioni industriali elemento essenziale nel raggiungimento degli obiettivi del gruppo, nell’interesse delle nostre persone e della banca”.
Ricordiamo che lo scorso mese di dicembre, Intesa Sanpaolo aveva annunciato l’avvio di alcune iniziative, che prevedevano la settimana corta di quattro giorni e lo smart working fino a 120 giorni ogni anno, senza un preventivo accordo con i sindacati.
In precedenza la banca guidata dal ceo Carlo Messina aveva anche provveduto ad effettuare delle erogazioni una tantum ai propri dipendenti, per andare loro incontro ad affrontare i rincari delle spese dovuti all’inflazione e ai costi dell’energia.
Decisioni che avevano innescato alcuni malumori da parte dei sindacati, dato che si andava a perdere, in questo modo, la centralità del contratto nazionale.
La settimana corta
Sicuramente una delle agevolazioni più importanti che Intesa Sanpaolo fornisce ai propri dipendenti è la settimana corta.
Il gruppo bancario ha raggiunto un accordo con le sigle sindacali Fisac, First, Uilca, Fna e Snfi, il quale prevede la riduzione delle ore lavorative – mantenendo la stessa retribuzione – e la possibilità di ricorrere allo smart working fino a 120 giorni lavorativi all’anno, senza limiti mensili.
Ai dipendenti, inoltre, è stato riconosciuto un buono pasto di 3,80 euro.
Questo accordo, in linea di principio, si trova in linea con le intenzioni espresse da Maurizio Landini, segretario generale della Cgil.
Giacomo Storniolo, segretario nazionale della Fisac Cgil, sottolinea la piena soddisfazione da parte del sindacato per avere lavorato “ad aprire una importante pista anche per le altre categorie, intervenendo in materia di flessibilità positiva sulla riduzione di orario senza compensazione alcuna, su base volontaria e compatibilmente con le esigenze di servizio. L’azienda si è mostrata interessata a questa modalità e quindi ci sono buone probabilità che si diffonda il modello 4×9, con 36 ore di lavoro anziché 37 e mezzo, con una giornata in più a disposizione del lavoratore per conciliare lavoro e vita privata”.