Italiani sempre più poveri, nonostante il taglio delle tasse
Gli italiani diventano sempre più poveri e a poco serve il taglio dell’Irpef per riuscire a compensare il calo del potere d’acquisto delle famiglie. I redditi compresi tra i 10.000 ed i 30.000 euro si ritrovano a dover affrontare una riduzione del reddito disponibili – rispetto al 2014 – di un importo che oscilla tra i 96 euro per quanti percepiscono dei 15.000 euro l’anno e 351 euro per quanti si avvicinano alla soglia dei 25.000 euro. Discorso diverso, invece, per chi ha un reddito pari a 35.000 euro che, sempre rispetto a 10 anni fa, vede aumentare il reddito disponibile di 85 euro grazie alla minore aliquota.
A mettere in evidenza questi dati è l’ultimo rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che ha scattato una desolante fotografia del potere d’acquisto delle famiglie italiane.
Italiani sempre più poveri
Dall’ultimo rapporto dell’Upb emerge che gli italiani sono più poveri rispetto a dieci anni fa. Gli stipendi sono rimasti al palo e il taglio dell’Irpef non è riuscito a compensare l’aumento dell’inflazione. Nel corso degli ultimi anni si è lavorato sul taglio delle tasse – che realmente c’è stato – ma il lavoro effettuato dall’Esecutivo non ha avuto un impatto rilevante sulle tasche delle famiglie.
Ricordiamo, infatti, che le varie sforbiciate all’Irpef hanno comportato una riduzione del prelievo fiscale di quasi tre punti percentuali. I consumatori non ne hanno beneficiato perché l’inflazione ha fatto lievitare la pressione fiscale del 3,6%. Il saldo sul potere d’acquisto è, quindi, diventato negativo di 0,6 punti percentuali. In altre parole gli italiani continuano a perdere potere d’acquisto.
Continua a scendere il reddito reale
Il reddito reale continua a scendere. Stando ai calcoli effettuati dall’Upb, un lavoratore dipendente senza carichi fiscali è riuscito a beneficiare – grazie alle riforme fiscali – di un taglio dell’aliquota media effettiva pari a mezzo punto percentuale per i redditi più bassi. Nell’analisi, infatti, si legge che:
Per un lavoratore dipendente senza carichi familiari le riforme hanno determinato, lungo tutta la distribuzione del reddito e rispetto alla normativa vigente nel 2014, una riduzione dell’aliquota media effettiva pari a circa mezzo punto percentuale per i redditi bassi, più marcata per i redditi superiori a 24.000 euro e pari a pochi centesimi di punto per i redditi elevati. Tuttavia, se si tiene conto della perdita di potere di acquisto per effetto dell’inflazione, le aliquote medie risultano generalmente superiori a quelle che si pagavano nel 2014.
Giù il reddito disponibile
Si riduce il reddito disponibile rispetto al 2014 per quanti percepiscono tra i 10.000 ed i 30.000 euro all’anno. Per chi ha un reddito vicino a 15.000 la disponibilità di spesa scende a 96 euro, mentre per chi è in corrispondenza dei 25.000 euro si avvicina ai 351 euro.
La situazione cambia per i contribuenti che percepiscono 35.000 euro, che hanno visto incrementare il proprio reddito disponibile rispetto al 2014 di 85 euro, grazie alla minore aliquota media.
Benché siano stati introdotti dei bonus e dei tagli delle imposte, secondo l’Upb il problema maggiore è determinato dalla mancata indicizzazione del meccanismo di calcolo dell’imposta in funzione della variazione del potere d’acquisto.
Il risultato di questa situazione appare molto chiara. Gli italiani hanno meno soldi in tasca. Il potere d’acquisto, nel periodo compreso tra il 2014 ed il 2024:
mostra una riduzione dei benefici compresa tra un minimo di 160 euro per le famiglie con più di tre figli e un massimo di 328 per quelle con un solo figlio […]. L’effetto risulta invece comunque positivo per il 20 per cento più povero delle famiglie, principalmente grazie all’estensione dei trattamenti per il sostegno dei figli ai nuclei che in precedenza non ne beneficiavano perché incapienti o non lavoratori dipendenti.
Nel periodo compreso tra il 2014 ed il 2024 il potere d’acquisto oscilla tra i 160 euro per i nuclei familiari con più di tre figli e i 328 euro per quelle con uno solo. A poco sembra essere servita l’introduzione dell’assegno unico, il ha premiato unicamente le famiglie più numerose:
L’effetto di “svalutazione” dei benefici inizia a essere significativo dal terzo decile facendo diminuire il vantaggio medio unitario dell’introduzione dell’AU (pari a 995 euro) fino a 685 euro. Infine, per il 20 per cento più ricco delle famiglie il confronto tra il beneficio dell’AU e il valore rivalutato a oggi di quello che si sarebbe ottenuto applicando la normativa 2014 risulta negativo o minimo e oscilla tra -28 e 71 euro: per queste famiglie l’effetto positivo delle modifiche normative non è tale da compensare quello negativo della perdita di potere d’acquisto.