Iva non riscossa: in Italia uno dei tassi più alti in tutta Ue
Alta l’evasione dell’Iva in Ue. Il tax gap, ovvero la differenza fra le entrate IVA attese e quelle effettivamente incassate, nell’UE nel 2020 è stato stimato in 93 miliardi di euro, pari al 9,1% del gettito IVA totale previsto, con un calo di circa 30 miliardi di euro rispetto ai dati rivisti del 2019. Così emerge dal report Tax Gap 2022 pubblicato dalla Commissione europea, secondo cui questo calo può essere spiegato da un aumento dell’adempimento dell’IVA dovuto in gran parte all’effetto delle misure di sostegno introdotte in risposta alla pandemia COVID-19.
L’IVA in Ue: una panoramica
La Commissione ricorda che l’imposta sul valore aggiunto (IVA) è un’imposta sui consumi applicata alla maggior parte dei beni e servizi consumati nell’UE. L’imposta viene riscossa sul “valore aggiunto” al prodotto in ogni fase della produzione e della distribuzione. Ciò significa che l’IVA viene applicata quando le imprese con partita IVA vendono ad altre imprese (B2B) o al consumatore finale (B2C). In definitiva, il consumatore finale dovrebbe essere l’unico ad essere effettivamente tassato. Il sistema dell’IVA nell’UE è disciplinato da un quadro giuridico comune: la Direttiva IVA. Ogni Stato membro è responsabile del recepimento di queste disposizioni nella legislazione nazionale e della loro corretta applicazione nel proprio territorio. La Commissione è responsabile della corretta applicazione della Direttiva IVA.
Il Tax gap in Ue nel 2020
Il report della Commissione Ue rivela che nel contesto dei dati del 2020 a livello europeo, l’importo di 93 miliardi di euro rappresenta le entrate perse a causa di:
- frode ed evasione dell’IVA
- pratiche di elusione e ottimizzazione dell’IVA
- fallimenti e insolvenze finanziarie
- errori di calcolo e amministrativi.
Il tax gap rimane chiaramente un problema urgente, in un momento in cui i governi hanno bisogno di entrate sostenibili per far fronte all’incertezza economica odierna. La pandemia COVID-19 ha fatto sì che 19 dei 27 Stati membri registrassero un calo del gettito IVA a causa della diminuzione dei consumi complessivi durante le varie fasi di blocco. Le entrate a livello europeo sono diminuite di circa 69 miliardi di euro, pari a circa il 7% del totale delle imposte IVA. Questa perdita di gettito è anche una conseguenza diretta delle riduzioni temporanee dell’onere IVA per mitigare l’impatto economico della pandemia.
Permangono le disparità tra gli Stati membri. Nel 2020, i divari IVA stimati tra gli Stati membri andavano dall’1,3% della Finlandia, all’1,8% dell’Estonia e al 2% della Svezia, fino al 20,8% dell’Italia, al 24,1% di Malta e al 35,7% della Romania. In termini nominali, i divari maggiori sono stati registrati in Italia (26 miliardi di euro), Francia (14 miliardi di euro) e Germania (11 miliardi di euro).
“Con l’adattamento all’era digitale, dobbiamo anche aggiornare le nostre norme sull’IVA alle nuove realtà digitali, come la rapida crescita del commercio elettronico e del lavoro su piattaforma. Le tecnologie digitali come la fatturazione elettronica sono un modo efficace per aumentare il gettito IVA e aiutare le nostre imprese a crescere, soprattutto quelle piccole. Possono aiutare a combattere le frodi, risparmiando molti miliardi di euro di mancato gettito fiscale ogni anno e riducendo la pressione sulle finanze pubbliche in tensione. Le proposte di oggi semplificheranno e snelliranno le nostre norme sull’IVA, renderanno la vita più equa alle imprese e promuoveranno la transizione digitale in tutta Europa” sostiene Valdis Dombrovskis, Vicepresidente esecutivo per un’economia che funziona per le persone.