John Elkann si dimette dalla Giovanni Agnelli. Le nuove sfide per il futuro
Cambio al vertice per la Giovanni Agnelli B.V., la cassaforte della famiglia, che ha in mano il controllo della maggioranza della holding Exor. A dare le dimissioni dalla carica di presidente è stato John Elkann.
Il capitale dell’azienda, che è una società di diritto olandese, è diviso, almeno nella parte preponderante, tra gli eredi di Giovanni, Umberto e Maria Sole Agnelli.
Il principale azionista di Giovanni Agnelli B.V. è una società veicolo (battezzata Dicembre) nelle mani di John Elkann, che possiede il 38% della cassaforte di famiglia.
La Giovanni Agnelli B.V. detiene il 52% della Exor e costituisce, in un certo senso, la garanzia che l’impero Agnelli continui ad essere nelle mani della famiglia e della loro linea di successione.
John Elkann lascia la presidenza
John Elkann ha lasciato la presidenza della Giovanni Agnelli B.V.
L’ufficialità dell’operazione arriva direttamente dalle carte con le quali è diventata operativa l’acquisizione del 15% della Philips da parte di Exor.
Sarà Jeroen Preller a succedergli nella carica di presidente: un avvocato olandese, che appartiene allo studio legale NautaDutilh.
Quali sono le motivazioni che hanno portato alle dimissioni di John Elkann?
L’obiettivo è quello di ridurre al minimo le cariche di rappresentanza, come spesso e volentieri è quella di presidente di un consiglio di amministrazione, e di andarsi a concentrare maggiormente sui ruoli operativi.
Ricordiamo, comunque, che John Elkann continua a rimanere amministratore delegato di Exor, attraverso la quale vengono tirate le fila dell’intero impero Agnelli.
Continua ad essere, inoltre, il presidente di Gedi Gruppo Editoriale, della Ferrari e di Stellantis.
Negli ultimi mesi, Elkann ha dato il via al fondo Lingotto Investment Management, attraverso il quale Exor ha intenzione di spingersi nei settori della sanità e delle life sciences.
Nel corso di un’intervista rilasciata al Financial Times, Elkann ha voluto sottolineare la propria natura fortemente operativa, spiegando che l’espansione del portafoglio di Exor fa parte di un’evoluzione dopo due decenni trascorsi a mettere la holding sulla giusta base. Ha aggiunto, inoltre, che Exor sente una forte affinità con l’assistenza sanitaria e che i primi risultati dell’investimento di oltre 800 milioni di euro effettuato lo scorso anno nel gruppo sanitario francese Institut Mérieux hanno “rafforzato la nostra convinzione sull’importanza di questo settore e sul suo potenziale di crescita”.
Una carica che sottrae tempo
Sostanzialmente il mantenimento delle cariche formali sottrae tempo a John Elkann.
Le dimissioni da presidente della Giovanni Agnelli B.V. deve essere vista in questa ottica.
Ma non solo: scegliendo Preller come presidente è stata data un’ulteriore spinta all’internazionalizzazione di Exor, il quale, oggi, come oggi, risulta essere uno dei pochi gruppi di matrice italiana che sono realmente e completamente globalizzati.
La decisione di Elkann non è una novità: già in passato la scelta di svestirsi di alcuni ruoli è stata funzionale all’inserimento del gruppo in alcuni circuiti internazionali.
Solo per fare un esempio, nel 2022 Elkann rinunciò alla carica di presidente di Exor – pur mantenendo quella di amministratore delegato – per cederla ad una persona che non faceva parte del gruppo: il manager Ajay Banga, che è stato scelto nel corso degli ultimi mesi da Joe Biden come candidato per guidare la Banca mondiale. Una nomina che, almeno di fatto, spetta al presidente statunitense.
La scelta di Banga ha dimostrato come Exor guardi con attenzione ai mercati mondiali e si sia inserita correttamente nei circuiti globali del potere politico ed economico-finanziario.
Questo le ha permesso di entrare in Philipps. La distribuzione di nuove cariche è un’operazione utile a rafforzare questa politica.
I nomi su cui sta puntando John Elkann per sostituire Banga alla presidenza di Exor sono di primo piano. In questo ruolo è stato chiamato Nitin Nohria, anche lui come il predecessore di origini indiane, che è stato direttore della Harvard Business School dal 2010 al 2020.