Mes rimandato a settembre? L’idea di Meloni & Co.
Mes, il governo Meloni pensa al modo di superare quella che è diventata un’impasse
L’ipotesi è quella di rimandare a settembre il Mes.
Si riprenderà a parlarne solo e soltanto dopo la pausa estiva: una strategia non ufficiale, che non può essere dichiarata apertamente, ma sembra proprio che la maggioranza sia intenzionata ad adottare questa linea.
Il programma di lavoro, almeno sulla carta, è quello di rimandare tutto a settembre.
Un atteggiamento che è stato adottato a partire dalla conferenza dei capigruppo che si terrà a partire da mercoledì pomeriggio, quando il centrodestra cercherà di far slittare al prossimo mese l’approdo in Aula, che era previsto per il 30 giugno 2023:
la vigilia di questo appuntamento coincide con la trasferta di Giorgia Meloni a Bruxelles. Fare tutto questa settimana metterebbe a rischio il lavoro della premier.
Il Mes rimandato a settembre
Ma perché si corre il rischio che il Mes possa essere rimandato a settembre?
Il mese di luglio risulta essere ingolfato di decreti e ci sarà ben poco spazio per la sua discussione.
Nel corso del mese di agosto, invece, non si discuteranno materie non urgenti: questo è il motivo per il quale l’argomento potrebbe essere mandato direttamente a settembre.
Tra l’altro questo potrebbe anche essere il modo per riuscire a scavalcare lo scoglio dei problemi innescati dal caso Santanché:
una volta passata l’estate, potrebbero rientrare anche i problemi di tenuta del Governo.
Ricordiamo, infatti, che Daniela Santanché per il momento non ha ancora modificato la propria agenda, tirando dritto nonostante le polemiche che sono scaturite dalle inchieste giornalistiche relative alle sue società.
La Lega, da parte sua, ha professato la totale e completa indifferenza sulla vicenda, anche se poi, attraverso il capogruppo Riccardo Molinari, ha fatto direttamente riferimento ad un intervento della stessa Santanché in Parlamento per fare chiarezza.
Le opposizioni, ovviamente, si sono immediatamente inserite in questa linea e continuano il pressing perché venga fatta chiarezza, anche se, almeno per il momento, l’unico chiarimento che conta è quello avuto con Giorgia Meloni.
Anche questo, comunque vada, rimane un argomento aperto, e una possibile evoluzione dell’indagine potrebbe cambiare lo scenario e provocare conseguenze drastiche.
I problemi all’ordine del giorno
Il Mes ha creato pesanti tensioni all’interno della Maggioranza.
A preoccupare è uno scontro sotterraneo che si è aperto tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, tanto che giovedì scorso il Consiglio dei Ministri si è limitato ad esaminare alcune leggi regionali, senza la premier.
Nel caso in cui la riunione fosse andata in scena, con ogni probabilità sarebbe stata lunga e sicuramente ricca di scintille.
Ora come ora è necessario comprendere quanto tempo ci voglia perché la situazione possa decantare.
Ad alimentare la tensione è stata anche la lettera del capo di gabinetto del Mef, Stefano Varone, che ruotava proprio intorno alla ratifica del Mes.
Nel Governo si è convinti che prima o poi la ratifica ci sarà.
Il problema è che, dopo tutta questa opposizione, il percorso per un’inversione ad U dovrebbe essere gestito o quanto meno motivato.
Lega e FdI lo stanno facendo, ma in maniera non allineata.
Il partito guidato da Giorgia Meloni si deve confrontare con la cruda realpolitik, ma soprattutto deve cercare di inquadrare la ratifica in un contesto diverso.
La Lega, ad esempio, è pronta alle barricate.
Non ritengo che ci sia bisogno di mettersi in mano a Fondi stranieri – la linea di Salvini – e a soggetti stranieri, anche perché 600.000 italiani nei giorni scorsi hanno sottoscritto i buoni del Tesoro per più di 18 miliardi di euro.