Millennial e Gen Z: costo della vita è la preoccupazione più grande
I giovani appaiono meno ottimisti riguardo alla situazione economica e sociale tanto che la prima preoccupazione, sia per la GenZ sia per i Millennial, è il costo della vita a seguire la sfida del cambiamento climatico e quella della disoccupazione.
Così emerge dalla tredicesima edizione della “GenZ e Millennial Survey”, lo studio globale di Deloitte condotto su oltre 14 mila GenZ e più di 8 mila Millennial in 44 Paesi del mondo secondo cui solo il 16% della GenZ e l’11% dei Millennial si aspetta un miglioramento della situazione economica generale. Più fiducia sulla possibilità di un miglioramento della condizione finanziaria personale, atteso dal 31% della GenZ e dal 20% dei Millennial. In continuità con l’anno passato, la prima preoccupazione è il costo della vita (35% GenZ e 43% Millennial). Rimane prioritaria anche la sfida del cambiamento climatico (33% GenZ e 32% Millennial) e quella della disoccupazione (21% GenZ e 20% Millennial).
Rientro in ufficio? Ecco gli effetti positivi
L’indagine inoltre rivela che a circa 6 italiani su 10 è stato chiesto di tornare a lavorare in sede ed è più probabile rispetto alla media globale che lavorino completamente in presenza. Se da una parte però tendono a sentirsi più coinvolti e ad apprezzare la comunicazione diretta in sede di lavoro, dall’altra parte ritengono anche che ciò abbia un impatto negativo sul loro benessere mentale e sulle loro finanze.
Oggi in Italia lavora completamente da remoto circa il 10% della GenZ e il 9% dei Millennial, il 33% della GenZ e il 30% dei Millennial è in un regime di “lavoro ibrido”, mentre il 57% della GenZ e il 61% Millennial è tornato a lavorare sempre in presenza. Tra gli effetti positivi del rientro in ufficio, secondo gli intervistati, ci sono un “maggiore coinvolgimento e connessione con l’organizzazione”, “la comunicazione dal vivo sul lavoro” e “più collaborazione e interazione sociale con i colleghi”. Tra gli aspetti negativi menzionati vi sono “l’aumento dei livelli di stress”, un “maggiore impatto finanziario” e un “calo di produttività”.
Dopo la pandemia i giovani della GenZ e i Millennial hanno messo tra le priorità lavorative il tema della salute mentale. Rispetto agli altri Paesi, gli intervistati italiani riferiscono livelli di benessere mentale inferiori alla media mondiale, anche se c’è un leggero miglioramento rispetto all’anno scorso. I fattori di stress sono simili a quelli della media globale: emergono soprattutto le preoccupazioni economiche a lungo termine, ma sono rilevanti anche lo stress lavorativo per gli orari giudicati troppo lunghi e per la percezione di un mancato riconoscimento professionale. Gli intervistati italiani, inoltre, sono meno propensi della media globale a ritenere che il loro datore di lavoro prenda sul serio la propria salute mentale: lo pensa il 49% dei GenZ e il 40% dei Millennial. Tuttavia, circa la metà dei giovani afferma che si sentirebbe a suo agio a parlare di salute mentale con il proprio manager (55% della GenZ e 49% dei Millennial).
Generative AI sul lavoro
Per la prima volta, inoltre, l’indagine di Deloitte indaga il percepito dei giovani sul tema della Generative AI, che secondo Gen Z e Millennial è ancora poco sfruttata sul lavoro, ma che potrebbe contribuire a migliorare il work-life balance o liberare tempo a favore di attività creative e strategiche, se utilizzata nel rispetto di principi etici e a fronte di un’adeguata formazione dei lavoratori.
Secondo l’indagine inoltre la GenAI potrebbe aiutare a “liberare tempo che si può usare per lavori più creativi e strategici”: lo pensa il 47% della GenZ (78% tra gli utilizzatori frequenti) e il 40% dei Millennial (71% tra chi la usa spesso). Oltre ai vantaggi emergono anche alcuni timori: il 46% GenZ e il 41% Millennial pensa che la GenAI potrebbe “richiedere una riqualificazione professionale e impattare sulle decisioni di carriera”, mentre il 55% della GenZ e il 52% dei Millennial pensa che la GenAI potrebbe “causare l’eliminazione di posti di lavoro”. Inoltre, meno della metà dei giovani – il 43% della GenZ e il 34% dei Millennial – pensa che il proprio datore di lavoro li stia adeguatamente formando sulle potenzialità, sui vantaggi e sul valore della GenAI.