Mutui: tassi triplicati nell’arco di due anni, giù le richieste. Fabi a Bce: “accelerare su tagli”
Le famiglie hanno ridisegnato la propria spesa per la casa: a determinare un forte cambiamento delle abitudini delle famiglie è il caro interessi, che ha sostanzialmente battuto il credito. I tassi praticati dalle banche sui mutui, che vengono erogati alle famiglie, sono triplicati: nel corso del mese di dicembre, si è arrivati a quota 4,40%, tre volte rispetto all’1,45% del mese di gennaio 2022. Sono questi alcuni numeri messi in luce dall’analisi effettuata da Fabi, la Federazione Autonoma Bancari Italiana.
Lo studio mette in evidenza, inoltre, che è calata dal 50% al 41% la quota di persone che si è indebitata per acquistare un immobile. Ma entriamo nel dettaglio e vediamo i numeri messi in evidenza dall’analisi.
Tassi dei mutui triplicati in due anni
Il mercato dei mutui paga dazio al caro tassi: le famiglie italiane stanno ridisegnando i progetti di spesa per la casa. Il pesante aumento del costo del denaro – che è stato portato dalla Bce al 4,5% – ha sostanzialmente fatto triplicare i tassi che le banche applicano sui mutui che vengono erogati alle famiglie. Alla fine del mese di dicembre 2023, per i prestiti immobiliari gli interessi medi risultano essere pari al 4,40%: tre volte tanto rispetto a quanto registrato a gennaio 2022, quando era pari all’1,45%.
Siamo di fronte a una crescita vertiginosa, che risulta essere pari a 295 punti percentuali nel corso di ventiquattro mesi. E che ha comportato un calo dello stock di mutui, i quali, nel corso del 2023 sono stati pari a 2,3 miliardi di euro – che corrisponde ad una media di 192 milioni di euro ogni mese – dopo un aumento di 35 miliardi di euro, che era stato registrato nel corso dei due anni precedenti. Questo aumento è stato determinato dai 18,4 miliardi in più del 2021 e alla crescita di 17 miliardi di euro registrata nel 2022.
Nel corso degli ultimi dodici mesi, i dati mettono in evidenza che il delicato equilibrio tra i tassi di interesse ed inflazione è riuscito a mettere a dura prova la capacità di indebitamento degli italiani. E ha trascinato inesorabilmente verso il basso gli investimenti effettuati nel mattone.
Le conseguenze sul mercato immobiliare
Gli effetti negativi, che abbiamo appena analizzato, vanno ad impattare direttamente sul mercato immobiliare, soprattutto sulle compravendite. Nel 2023 queste risultano essere diminuite in maniera significativa. Ed è calata dal 50% al 41% la quota degli italiani che sottoscrive un mutuo per acquistare un’abitazione. E le compravendite sono calate del 12%.
Il mercato immobiliare potrebbe registrare un’inversione di tendenza solo e soltanto se la Bce – nel corso delle prossime riunioni – dovesse procedere con il taglio dei tassi e avviare una fase leggermente più espansiva del credito. Al momento, però, sembrano aleggiare alcuni dubbi sulla rapidità con cui le famiglie possano rispondere ai tagli ipoteticamente in arrivo. E sull’effetto indotto che potrebbe avere, che risulterà essere senza dubbio lento.
Ma vediamo nel dettaglio di quanto sono calate le compravnedite nel corso dello scorso anno. L’analisi Fabi mette in evidenza che:
Il terzo trimestre del 2023 ha confermato il netto calo delle compravendite degli immobili residenziali, nel nostro Paese, iniziato col quarto trimestre 2022, dopo una crescita continua e accelerata dal 2020. Il calo registrato nei primi nove mesi del 2023 coinvolge tutto il territorio e ogni tipologia dimensionale di abitazione. Il numero delle compravendite a fine settembre 2023 si è attestato a 507.879, contro le 576.115 registrate nello stesso periodo del 2022, con una riduzione dell’11,8%. Le persone fisiche risultano acquirenti di circa il 95% degli immobili: di questi, il 62% hanno usufruito delle agevolazioni prima casa (in calo percentuale rispetto al 65,3% dello stesso periodo 2022 e al 68,4% del 2021).
L’ammontare dei mutui, invece, nel corso del mese di gennaio 2021, risultava essere a quota 392,3 miliardi. Nel corso del 2021 risulta essere aumentato al ritmo di 1,5 miliardi al mese, chiudendo a quota 409,9 miliardi a dicembre dello stesso anno. Nei dodici mesi successivi, il ritmo di crescita è leggermente calato a 1,4 miliardi, con il totale arrivato a 426,9 miliardi a fine anno dai 410,3 miliardi di gennaio.
Serve il taglio dei tassi
L’unica soluzione perché il mercato immobiliare e quello dei mutui riprendano fiato è un riduzione del corso del denaro.
Sarà fondamentale per le banche e anche per le famiglie che la Banca centrale europea acceleri l’avvio del percorso di riduzione del costo del denaro – spiega Lando Maria Sileoni, segretario generale -. L’allentamento della politica monetaria, atteso ormai dalla maggior parte degli osservatori, è fondamentale proprio per rimettere in condizione, al più presto, le stesse banche di poter tornare a sostenere il mercato immobiliare. Per l’Italia significa ridare ossigeno a un pezzo fondamentale della nostra economia che vale diversi punti di Pil, se si conteggiano tutti i settori collegati alla compravendita e tutto il cosiddetto indotto. La velocità con la quale la Banca centrale europea ha portato il tasso base dallo 0 al 4,5% è stata uno shock per il mercato finanziario, per le imprese e per le famiglie. La presenza del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nel consiglio direttivo della Bce rappresenta una garanzia per tutti noi: la sua esperienza, la sua capacità di incidere sulle decisioni collegiali e la sua visione politica. Fino a un mese fa sarebbe stato difficile ipotizzare un primo taglio al costo del denaro prima di luglio. Negli ultimi giorni, invece, si è fatta strada la possibilità che nella riunione di maggio la Bce decida di cominciare a tornare a una politica monetaria progressivamente più accomodante ed è quello che mi auguro.
Sileoni aggiunge inoltre che:
Il ruolo delle banche, che senza dubbio hanno tratto importanti vantaggi dall’aumento dei tassi d’interesse, è essenziale per lo sviluppo e la crescita economica. Il settore bancario è fondamentale anche perché, grazie ai finanziamenti a imprese e famiglie, agli investimenti diretti e all’attività sociale fatta di importanti donazioni, può garantire un progresso collettivo e un benessere sociale che altrimenti non sarebbe raggiungibile. Ed è un ruolo, quello del settore bancario italiano, che viene quotidianamente esercitato solo grazie alla professionalità e alla preparazione di 300.000 lavoratrici e lavoratori messa a disposizione di tutti, nel senso più alto di servizio pubblico essenziale.