Finanza Notizie Italia Alitalia: pressing di Palazzo Chigi e aut aut da Delta su Atlantia: ‘nella cordata o lasciamo’

Alitalia: pressing di Palazzo Chigi e aut aut da Delta su Atlantia: ‘nella cordata o lasciamo’

10 Luglio 2019 09:11

Il vicepremier Luigi Di Maio avrà potuto anche alzare la voce contro Atlantia, la holding della famiglia Benetton che controlla Autostrade, la società responsabile del tratto autostradale in cui è avvenuta la tragedia del Ponte Morandi di Genova. Ma già dalle dichiarazioni rilasciate pochi giorni fa, è emerso come il leader del M5S abbia smorzato decisamente i toni contro Atlantia.

Praticamente, il suo ergersi a paladino delle famiglie delle vittime del disastro di quel 14 agosto del 2018 si è scontrato con l’esigenza di salvare Alitalia, e i toni si sono fatti decisamente più morbidi, come conferma la sua apertura alla holding.

Il tempo stringe.

Il dossier Alitalia, hanno confermato dal Mise, si chiuderà come previsto, dunque il prossimo 15 luglio. Dal ministero hanno confermato anche che la maggioranza assoluta della newco Alitalia sarà detenuta dal Mef e da Ferrovie dello Stato.

Ma manca il quarto partner. E il quarto partner ideale sarebbe proprio la società che controlla Autostrade, tanto che il Sole 24 Ore parla di pressing da parte di Palazzo Chigi.

“Atlantia si prepara a entrare nella partita per il salvataggio di Alitalia – scrive il quotidiano di Confindustria –  Il gruppo autostradale controllato dalla famiglia Benetton sta valutando di presentare una manifestazione di interesse per la quota di capitale mancante nella Newco Nuova Alitalia. Si tratta di circa il 35-40% del capitale, corrispondente ad almeno 300 milioni”.

Qualche novità emergerà per caso dal cda della holding che si terrà nella giornata di oggi? Fonti del gruppo non escludono che se ne parlerà, mentre proprio da “Palazzo Chigi è in corso un pressing a tutto campo, condotto insieme con banche d’affari e società coinvolte nella operazione”.

C’è poi un altro particolare non di poco conto, che viene riportato dal Messaggero, nell’articolo che parla di un aut-aut di Delta. Sia per Fs che per Delta la “soluzione principale resta una cordata aperta ad Atlantia, con cui vi sono opportunità di collaborazione anche in relazione agli Aeroporti di Roma”.

“Gli altri possibili partner come il gruppo Toto ma soprattutto Gérman Efromovich, fondatore e socio della compagnia colombiana Avianca, non sono compatibili con il business plan e la governance già concordati e condivisi informalmente tra Fs, Delta Airlines e Autostrade, ancora fuori (per poco) dalla partita per le polemiche sulla revoca delle concessioni”. In tutto questo “Mediobanca, in qualità di advisor di Fs, ha chiesto ufficialmente ad Atlantia di presentare la propria proposta di ingresso nella cordata”

Il tempo stringe, ed è proprio il caso di ripeterlo se si considera quanto scrive Alessandro Barbera per La Stampa:

“Come prima, più di prima: da qualche settimana Alitalia perde più di un milione di euro al giorno. Senza una rapida ricapitalizzazione, a fine settembre – escludendo le somme vincolate per garanzie e royalties – la ex compagnia di bandiera avrà una disponibilità di cassa di 150 milioni. Quanto basta per costringere l’ente per l’aviazione civile a disporre la messa a terra degli aerei per ragioni di sicurezza”.

Per Luigi Di Maio la ciliegina per la torta è anche il costo che una eventuale revoca della concessione ad Autostrade (da lui chiesta sempre a gran voce per la tragedia del Ponte Morandi), lo Stato dovrebbe sostenere. Un costo che rischia di essere insostenibile per l’erario, secondo gli stessi tecnici del Ministero per le Infrastrutture (Mit).

Per ora, l’assetto della newco è il seguente: il ministero del Tesoro si accollerebbe il 15% circa di Alitalia; Ferrovie metterebbe il 35%, Delta il 10-15%. Evidente la necessità di un quarto partner, che non sarà però Cdp, ovvero Cassa depositi e prestiti, visto che, intervistato da La Stampa, lo stesso vicepresidente “Luigi Paganetto ha rimarcato come Cdp, il colosso controllato dal Tesoro e partecipato dalle Fondazioni bancarie che gestisce il risparmio postale, sia “strettamente vincolata al rispetto dello statuto. Che impegna la Cassa a promuovere sviluppo e innovazione e non certo ad impegnarsi in operazioni di salvataggio di aziende in crisi”. In poche parole, è l’ultima parola, “Cdp potrebbe intervenire solo con un partner industriale”.