Alitalia, socio (sempre che si trovi) dopo elezioni europee? Di Maio e il mal di testa Atlantia
Ma insomma, dov’è la cordata per il salvataggio di Alitalia? Il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio confida forse nella buona sorte e ripete che “per formare un nuovo azionariato ci sono Ferrovie dello Stato, Delta e ministero dell’Economia. In base a quello che stiamo vedendo, della torta manca un 15%”.
E’ sempre tutto ok per il leader del M5S: “I commissari stanno valutando, e le offerte stanno arrivando“. Staranno pure arrivando, fa notare oggi il quotidiano La Repubblica, ma “la partita, in realtà, è ferma al punto di febbraio. Anzi, da allora, ha fatto un passo indietro: Easyjet si è ritirata dal pool di potenziali compratori e i soldi sono arrivati solo da realtà sensibili alla moral suasion pubblica cui potrebbero ora aggiungersi altri nomi nell’orbita dello Stato come Invitalia e il fondo QuattroR, finanziato da Cdp e dalle casse previdenziali”.
La situazione sarebbe così ancora nebulosa che il quotidiano riporta, sulla base di alcune indiscrezioni, che Di Maio starebbe puntando a posticipare i termini per la vendita al dopo elezioni europee.
Nel frattempo, a fronte della frase del vicepremier secondo cui “le offerte stanno arrivando”, La Repubblica ricorda che “nessuna offerta è arrivata sul tavolo del ministro dello Sviluppo economico entro il termine del 30 aprile”.
Dopo il tanto rumore che le indiscrezioni avevano inizialmente scatenato, i Toto si sarebbero chiamati fuori, assottigliando le chance di una imminente iniezione di liquidità nella compagnia aerea che, nel frattempo, “brucia ogni giorno oltre un milione di euro del prestito ponte garantito dallo Stato” e che così “rischia di rimanere senza soldi entro fine anno”.
“Il governo però – malgrado lo spettro della liquidazione – sembra pronto a rimandare il dossier (politicamente spinosissimo per i 5Stelle) a dopo le Europee”, scrive La Repubblica, che spiega come il mal di testa di Di Maio abbia un nome ben preciso: Atlantia, la holding dei Benetton che sarebbe disposta ad acquistare il 15% e che, anche se si è sfilata, potrebbe rientrare in gioco, volendo.
Peccato che Atlantia sia anche la holding contro cui l’intero M5S di Di Maio si è scagliato per la tragedia del crollo del Ponte Morandi di Genova nel tratto autostradale gestito da Autostrade, che fa parte della medesima galassia.
Così La Repubblica: “La cassaforte di Treviso – formalmente – si è per ora tirata indietro sul dossier Alitalia (..) I Benetton, tra l’altro, hanno già investito nella compagnia all’epoca dei capitani coraggiosi voluti da Silvio Berlusconi, perdendo 230 milioni”. Ma la scelta “è politica e tutta in mano a Di Maio, considerando che “tra poco ci sono le elezioni europee e che la possibile liquidazione di Alitalia potrebbe essere molto più costosa anche a livello di immagine della riabilitazione della famiglia veneta”.
Ieri l’articolo del Corriere della Sera che ha ricordato il secondo anniversario dell’amministrazione straordinaria il vettore finì esattamente due anni fa, il 2 maggio del 2017.
“Due anni, un governo e 900 milioni di euro di prestito pubblico dopo il faldone «Alitalia» resta ancora aperto, saldamente nelle mani di un altro esecutivo e di tre commissari che devono trovare un orizzonte stabile per la compagnia tricolore”. Nella scheda preparata dal quotidiano la triste realtà di Alitalia è stata quantificata con cifre spaventose: Alitalia è l’azienda che perde, ogni ora, ben 57.000 euro: in sei anni ha perso il 12,8% dei passeggeri, nonostante nel mondo siano aumentati del 42. E in Italia è ormai la terza compagnia.