Allarme Cgil: pensione dopo i 73 anni per i 40enni di oggi con lavori saltuari. Sistema contributivo da cambiare
La riforma previdenziale, con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, insieme alla frammentazione contrattuale nel mondo del lavoro sono i fattori che difficilmente permetteranno ai giovani e in particolare a tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1 gennaio 1996, di andare in pensione un importo adeguato. Un rischio che pesa maggiormente su coloro che avranno carriere lavorative discontinue, brevi o con bassi salari. Così la Cgil in un studio dal titolo “Giovani e pensioni: rivolti al futuro” lancia l’allarme sulla pensione dei giovani di oggi.
Cgil: retributivo e contributivo a confronto
Lo studio analizza quando e con quanto i giovani di oggi potranno andare in pensione. In passato nel sistema previdenziale si applicava il sistema retributivo per cui la prestazione, ricorda il sindacato, veniva calcolata sulla base del numero di anni di contribuzione versata, pari al 2% per ogni anno, che dopo 40 anni di contribuzione ad esempio, garantiva una prestazione pari all’80% della media degli ultimi 10 anni della propria retribuzione. Quindi, il pensionamento era indipendente dall’età e molto vicino al reddito dell’ultimo periodo, spingendo quindi verso pensionamenti “precoci”. Il metodo contributivo invece, si basa su criteri di rigida “neutralità attuariale” fra i contributi pagati durante l’intera carriera e le prestazioni che si riceveranno da anziani, garantendo uniformità dei rendimenti sui contributi versati, indipendentemente dalla storia lavorativa. L’equità e la neutralità da molti confusa nel sistema contributivo, non tiene assolutamente conto di qualsiasi forma di solidarietà o redistribuzione, in quanto risulta, dice la Cgil, è semplicemente lo specchio della propria vita lavorativa. Il sistema contributivo attuale, per come risulta oggi strutturato, non ha solo un problema di misura, ma avrà un problema molto serio di diritto, cioè del momento in cui si può raggiungere il traguardo pensionistico.
Quando andranno in pensione i 40enni di oggi
Detto ciò il sindacato stima i requisiti di accesso al pensionamento dal 2035 in poi, per le prime corti del sistema contributivo, coloro che oggi hanno quarant’anni e hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, ricadenti nel contributivo puro.
Requisiti pensionistici per le prime corti contributive dal 2035
- A 69 anni, con almeno 20 anni di anzianità e una pensione di importo non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale (circa 687 euro valori 2019)
- A 66 anni, con almeno 20 anni di anzianità e una pensione di importo non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale (circa 1282 euro valori 2019)
- A 73 anni, con anzianità non inferiore a 5 anni con qualsiasi importo di pensione maturata.
- indipendentemente da età e importo si potrà ottenere la “pensione anticipata” in presenza di 44 o 45 anni di contribuzione (rispettivamente se donna o uomo).
Dalle simulazioni della Cgil emerge in realtà un problema più grave nell’attuale sistema previdenziale italiano che riguarda ci ha una carriera svantaggiata, cioè caratterizzata da buchi contributivi, bassi salari o attività lavorative che hanno aliquote contributive basse o inferiori al Fondo lavoratori dipendenti. In tali casi, dice il sindacato, vi è il rischio di ritrovarsi con un montante molto basso e quindi con un assegno di pensione che non raggiunge i limiti soglia posti in particolare dalla Riforma Fornero del 2011 (2,8volte o 1,5volte l’assegno sociale) e quindi costretti ad accedere al pensionamento di vecchiaia oltre i 70 anni (requisito incrementato dell’incremento dell’attesa di vita). Da qui l’allarme che lancia il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, intervenendo all’incontro “Giovani e pensioni, rivolti al futuro”. “E’ urgente oggi parlare della pensione dei giovani perché o si interviene subito o domani sarà troppo tardi” sottolinea Ghiselli. “La combinazione tra la diffusa precarietà del mercato del lavoro e una normativa previdenziale rigida e penalizzante per le generazioni più giovani, è infatti “allarmante”, con una prospettiva che si consegna ai ragazzi di un accesso alla pensione ben oltre i 70 anni di età o 45 anni di contributi, e un rendimento pensionistico basso perché calcolato con un sistema penalizzante”. Per il sindacato, quindi, “il sistema contributivo come attualmente normato va rivisitato per superare i suoi squilibri” perché “se non corretto socialmente”, è “iniquo”, e risponde a “logiche essenzialmente assicurative”, è quindi privo di “elementi solidaristici che sono essenziali per la tenuta dell’equilibrio sociale di un Paese”.