Altro dato Italia shock: produzione industriale crolla -5,5%. Ma Di Maio su stime Ue parla di teatro dell’assurdo
Per l’Italia un nuovo dato shock che arriva dal fronte macroeconomico, e che sembra dare ragione più a quelli che il governo M5S-Lega tende a vedere come gufi – da Bankitalia, all’Fmi, fino alla Commissione europea, che ieri ha annunciato un downgrade pesante sull’outlook di crescita del Pil italiano nel 2019 – che non all’ottimismo mostrato soprattutto dal vicepremier e leader del M5S Luigi Di Maio e dal premier Giuseppe Conte.
Il dato è quello della produzione industriale, che a dicembre è crollata ai minimi dal dicembre del 2012.
Stando a quanto riportato dall’Istat, corretto per gli effetti di calendario, l’indice è sceso nel dicembre del 2018 e in termini tendenziali del 5,5% (i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 18 di dicembre 2017). Nella media del 2018 la produzione è cresciuta dello 0,8% rispetto all’anno precedente.
Sarà ancora colpa del governo precedente? Sicuramente per l’esecutivo giallo-verde, se si considera il modo in cui Di Maio aveva commentato il dato sul Pil diramato sempre dall’Istat la scorsa settimana, che aveva confermato come l’Italia fosse entrata in recessione tecnica. Di Maio se l’era presa con il governo precedente, quello di Gentiloni, affermando che “chi stava al governo ci aveva mentito”, visto che “non ci ha portato fuori dalla crisi”.
Sempre il vicepremier si è fatto notare nelle ultime ore con un’intervista rilasciata al Messaggero in cui, oltre a commentare la decisione di Parigi di richiamare l’ambasciatore in Italia per la prima volta dal 1940, si è mostrato sorpreso della revisione al ribasso delle stime Ue sul Pil italiano dal +1,2% a +0,2%:
“Le stime sono addirittura in contraddizione tra di loro, mi sembra che stiamo assistendo al teatro dell’assurdo. Vogliamo farci dettare l’agenda da alcune stime che non ci prendono mai? Le nostre misure sono espansive e servono proprio a far crescere il Pil, il Reddito è una rivoluzione per il mondo del lavoro e contribuirà ad iniettare nell’economia reale soldi e forza lavoro”.
Ma l’ultimo dato diramato dall’Istat è l’ennesima dimostrazione dell’intensità del peggioramento dei fondamentali dell’economia italiana.
Tutti i principali settori dell’attività economica hanno registrato variazioni tendenziali negative. Le più rilevanti sono quelle dell’industria del legno, della carta e stampa (-13,0%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,1%) e della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-7,9%).
Così l’Istat:
“A dicembre diminuisce nuovamente la produzione industriale italiana, con una variazione ampiamente negativa sia su base congiunturale sia in termini annui. La flessione è diffusa a livello settoriale. Dopo il punto di massimo di dicembre 2017, in tutti i trimestri del 2018 la produzione ha registrato, al netto della stagionalità, flessioni congiunturali, con un calo più marcato nell’ultimo trimestre. Ciononostante, nel complesso dell’anno i livelli produttivi risultano in moderata crescita, grazie all’effetto di trascinamento dovuto al positivo andamento dell’anno precedente. Sempre in media annua, si rileva una dinamica positiva per i beni strumentali e per quelli di consumo, mentre sono in flessione i beni intermedi e l’energia”.
Arrivano immancabili i commenti di alcune associazioni. Così Federconsumatori:
“L’ennesimo segnale di allarme circa la situazione drammatica che il sistema economico italiano sta attraversando, senza che vi sia una vera e responsabile presa di coscienza da parte del Governo. Se la produzione diminuisce in tale misura, le conseguenze sull’andamento occupazionale si prospettano estremamente gravi. Tutto ciò non farà altro che incidere negativamente su una domanda interna già ferma, aggravando le condizioni delle famiglie e dell’intera economia. A gettare ulteriori ombre sullo scenario futuro vi è il possibile aumento delle addizionali regionali e comunali dovuto al mancato blocco per il 2019 in Legge di Bilancio e la minaccia delle clausole di salvaguardia che, se non saranno scongiurate, porteranno l’IVA ordinaria al 22,3% nel 2020, al 23,8% nel 2021, con un aumento “per ciascuno degli anni successivi” del +1,5%”.
“Nel 2021 ha calcolato l’Osservatorio Nazionale della Federconsumatori che gli aumenti sull’aliquota ordinaria saranno di +192,00 Euro annui per una famiglia media e +224,00 Euro per una famiglia di 3 componenti. Di fronte a tali prospettive le misure di carattere assistenziale varate dal Governo risultano del tutto insufficienti: per fronteggiare la recessione è necessario ed urgente intervenire con fermezza sul piano degli investimenti per la messa in sicurezza e modernizzazione delle infrastrutture, per lo sviluppo tecnologico e la ricerca; inoltre è necessario operare un taglio del cuneo fiscale: sono tutte misure finalizzate a creare nuova occupazione e gettare basi stabili per la ripresa economica”.
Così Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori:
“Il Paese precipita nella recessione! Un crollo che avrà pesanti ripercussioni anche sul Pil del 2019, ben superiori a quel -0,2% stimato a fine gennaio dall’Istat come variazione acquisita. Un fatto grave, specie se si considera che rispetto ai valori pre-crisi del dicembre 2007, la produzione totale è ancora inferiore del 17%. In 11 anni, i beni di consumo durevoli sono franati addirittura del 23,9%, una voragine record da colmare che indica come le famiglie sono state obbligate a rinviare l’acquisto dei prodotti più costosi”.
Unimpresa:
“I dati sull’industria, i peggiori dal 2012, ci dicono che il Paese si sta avvitando a una pericolosa spirale di recessione. Per noi, purtroppo, è un’amara conferma di una situazione che stiamo fotografando da tempo e che, sorprendentemente, non ha spinto il governo a mettere in campo le misure necessarie a rilanciare la nostra economia”. Così afferma lo stesso presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrrara, commentando i dati dell’Istat relativi all’industria. “E’ la quarta contrazione consecutiva e c’è da preoccuparsi seriamente. Con la legge di bilancio per il 2019 è stata persa un’occasione: c’erano tutte le condizioni politiche per poter varare un pacchetto di interventi incisivi, a cominciare dall’avvio di un serio e drastico piano volto alla riduzione della pressione fiscale”.