Banche: a rischio smobilizzi NPL? Recupero crediti in allarme dopo contratto governo M5S-Lega
Settore recupero crediti sull’attenti. Nel contratto di governo M5S-Lega, precisamente nel capitolo 5 “Banche per gli investimenti e il risparmio”, si legge che,”in materia di recupero forzato dei crediti da parte di banche e società finanziarie, intendiamo sopprimere qualunque norma che consenta di poter agire nei confronti dei cittadini debitori senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria”.
Come fa notare un articolo di Reuters, la nota non è di facile interpretazione. O meglio, quanto scritto è suscettibile di diverse interpretazioni.
Tuttavia, il suo contenuto è stato più che sufficiente a scatenare i timori tra chi opera nel settore recupero crediti. E a chi continua a guardare alla mole di NPL, ergo di crediti deteriorati, che tuttora, nonostante gli indiscutibili miglioramenti, si conferma la spina conficcata nel fianco delle banche italiane.
Se è vero, così come sembra, che il M5S e la Lega vogliono lanciare un iter più soft del recupero forzato dei crediti, tutelando in questo modo i “cittadini debitori”, allora per gli istituti di credito italiani la notizia non è affatto buona, in quanto ciò significa che la maggiore inevitabile difficoltà che incontreranno nel cercare di riavere indietro i soldi prestiti aumenterà la probabilità che il carico degli asset non performanti presente nei loro bilanci aumenti.
Proprio in un momento in cui le banche auspicano un mercato secondario più efficiente, che consenta la formazione di un prezzo ‘giusto’ degli npl che si intende smobilizzare, il rischio – come ha spiegato a Reuters Giovanni Viani, partner di Oliver Wyman – è che i valori di questi asset, finiscano per scendere.
Secondo Viani, quanto scritto nel contratto di governo M5S-Lega riguardo alla materia, “dovrebbe implicare (di fatto) maggiori difficoltà e tempi di recupero più lunghi, quindi un calo dei valori degli npe”.
Della stessa opinione è Christian Arsenio, amministratore delegato di Distressed Technologies:
“Ecco, se per assurdo l’intenzione fosse quella di imporre un passaggio autorizzativo prima di poter chiamare il debitore, allora si renderebbe l’azione di recupero — penso soprattutto ai portafogli granulari — più lunga, più costosa e più incerta”. E “se cosi fosse, il mark to market dei non performing e degli unlikely to pay ne soffrirebbe drasticamente, provocando una battuta d’arresto nel processo di deleveraging dei nostri istituti”.
Tra l’altro, per le banche italiane già non si può parlare di un buon momento. Gli istituti sono – a parte la sessione odierna, in cui si deve considerare l’impatto dello stacco delle cedole – di nuovo nel mirino dei sell di mercato,a causa delle incertezze legate alla formazione del governo in Italia, e per il timore che un esecutivo M5S-Lega mandi a monte tutte le riforme fatte finora dai governi precedenti.
Tanto che il sottoindice di riferimento Ftse Italia Bank Index viaggia ai minimi dalla fine di marzo. L’Italia è il paese che più di tutti in Europa è alle prese con il problema dei crediti deteriorati, che ammonta nel suo caso a 250 miliardi di euro, rispetto ai 759 miliardi complessivi delle banche europee, stando alle stime della Bce.