Bankitalia, ex dg Rossi: ‘patrimoniale unico modo pratico per tagliare debito pubblico con ricchezza privati’
L’Italia dovrebbe preoccupare soprattutto per come gli investitori guardano ai suoi titoli di stato. Nell’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, l’ex direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi affronta diverse questioni, ricordando gli anni che lo hanno visto sedere tra gli scranni più alti di Palazzo Koch.
Dopo 43 anni dal suo primo ingresso in Bankitalia, Rossi, viene ricordato, ha lasciato la sua carica lo scorso 9 maggio: quella rilasciata al quotidiano è la sua prima intervista dopo l’uscita.
Rossi coglie l’occasione anche per togliersi un sassolino dalla scarpa, rivelando come la Germania ostacolò l’Italia nel salvataggio delle sue banche. L’ex dig di Bankitalia ricostruisce quanto avvenuto nel 2013-2014, quando era in discussione la direttiva Brrd sulla risoluzione delle crisi bancarie.
Bankitalia e il ministero dell’Economia, ricorda, presentarono insieme un documento tecnico in cui si sosteneva che il cosiddetto “bail-in”, ossia il salvataggio delle banche con i soldi di chi ce li aveva messi, a partire dagli azionisti, e non il “bail-out”, che si faceva invece con il denaro pubblico, non poteva essere retroattivo e che ci sarebbe voluto un periodo di transizione perché tutti si abituassero alle nuove regole”.
Tuttavia, tale iniziativa trovò la strada sbarrata in un’Europa a guida tedesca dove “aumentavano i sospetti tra Paesi del Nord e del Sud Europa”. La Germania aveva già salvato le sue banche con denaro pubblico, “tanto che si potrebbe attribuire alla Germania questo pensiero: “Noi abbiamo salvato le nostre banche, adesso non diamo il permesso agli altri di salvare le loro. Anche per il clima di sfiducia che si era creato”, osserva Rossi.
Riguardo alla situazione attuale in cui versa l’Italia, Rossi fa un appunto: “Ci si preoccupa molto dei rapporti dell’Italia con la Commissione europea, ma la cosa importante è soprattutto come gli investitori guardano ai nostri titoli di Stato. La loro unica preoccupazione è se l’Italia continuerà a rimborsarli a scadenza e a pagare regolarmente gli interessi e ogni segnale che mini in qualche modo questa sicurezza fa salire inevitabilmente lo spread. Questo di per sé non è che un termometro che indica il rischio percepito da quelli stessi investitori”.
Cosa bisognerebbe fare, dunque, per sanara la piaga italiana del debito pubblico monstre? E L’enorme ricchezza delle famiglie, che alcuni politici contrappongono all’altrettanto enorme rosso delle casse dello stato, potrebbe aiutare l’Italia?
“Non in modo automatico- spiega Rossi – L’unico modo pratico per ridurre il debito pubblico utilizzando la ricchezza dei privati è una tassa patrimoniale. Ma come è ovvio si tratta di una decisione tutta politica, da illustrare in modo chiaro agli elettori”.
Rossi parla anche della crisi finanziaria del 2008 che, spiega, non ebbe grandi conseguenze sul sistema bancario italiano, che non era ingolfato da quei famosi strumenti derivati con cui furono invece alle prese diverse banche europee (da precisare, tedesche incluse).
Alla domanda se all’epoca gli istituti di credito italiani fossero arretrati o prudenti, Rossi risponde: “Non lo so, ma quel che conta è che non ci furono grandi effetti. Effetti che si ebbero invece dopo, quando l’Italia fu colpita da una doppia recessione che mandò in fallimento tante imprese e si ripercosse sui conti delle banche, visto che quelle imprese non riuscivano a pagare più i loro debiti (l’annoso problema dei crediti deteriorati).