Boccia (Confindustria): governo affronti emergenze, ‘non importa colore politico’. Rebus Draghi: ‘solo nome vale 100 punti spread’
Nel bel mezzo della crisi di governo culminata nelle dimissioni annunciate due giorni fa dal premier Giuseppe Conte, il numero uno di Confindustria Vincenzo Boccia ha lanciato un chiaro appello alle forze politiche del paese. A margine del convegno Cl di Rimini, parlando con i giornalisti, Boccia ha lanciato anche un chiaro alert stagnazione e recessione per l’Italia.
L’Italia rischia “stagnazione e una possibile recessione”, ha detto, sopratutto per l’impatto negativo sull’economia della crisi tedesca. D’altronde, “molte filiere dell’industria italiana sono collegate alla filiera tedesca e il fatto che la Germania non vada bene non è un segnale affatto positivo per l’Italia. Questo comporta una reazione italiana ma altrettanto una reazione europea”.
In questa situazione, e nel pieno dell’ennesimo caos politico in cui l’Italia è precipitata, Boccia lo ha detto chiaro e tondo:
“Non importa il colore politico, il governo dia chiare risposte all’economia“.
Questo, mentre nello sfondo il Colle sta sondando i presupposti per la formazione di un governo istituzionale, che disinneschi la mina dell’Iva e approvi una legge di bilancio da presentare a Bruxelles.
A tal proposito, Boccia ha ricordato che “abbiamo una manovra economica non affatto semplice. E abbiamo una situazione che vede un rallentamento della crescita della Germania che si avvia a una fase recessiva”.Non solo: “La guerra dei dazi tra Cina e USA non aiuta un paese esportatore come il nostro. C’è quindi una priorità economica che andrebbe ascoltata all’interno di una domanda ‘fare un governo, per fare cosa?'”.
Secondo il leader degli industriali, la “manovra economica” dovrebbe prestare attenzione “alla questione del lavoro e della crescita; tra l’altro, alcuni elementi determinanti che sono stati oggetto di cinque convocazioni che abbiamo avuto prima della crisi di governo in cui molte delle parti sociali convergevano su alcuni punti determinanti: riduzione delle tasse sul lavoro, una grande dotazione infrastrutturale e un’attenzione al salario minimo che non era una critica, ma collegarla ai grandi contratti di rappresentanza”.
Intanto i rumor sugli scenari italiani si accavallano. Il Corriere della Sera parla dell’indisponibilità di Mario Draghi a guidare un eventuale esecutivo, mentre Roberto Sommella scrive sull’Huffington Post: “La carta Draghi tiene buoni i mercati”.
Sommella nell’articolo si pone il seguente interrogativo: “l’ex governatore (di Bankitalia) davvero accetterebbe un incarico così pesante da far tremare i polsi a qualsiasi altro premier? È quanto si chiedono tutti in questo momento, probabilmente dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha iniziato le sue rapide consultazioni, ai capi del Partito Democratico, che nella riserva della nazione, la Banca d’Italia, hanno sempre mostrato di credere molto”.
Il giornalista parla delle diverse spade di Damocle che pendono sulla testa dell’Italia:
“Bisogna salvare 250.000 posti di lavoro a rischio per quasi 160 crisi aziendali ancora aperte. Occorre trovare le risorse per coprire maggiori interessi da pagare per oltre 5 miliardi di euro tra il 2019 e il 2020 a causa dello spread, che si aggiungono ai 23 da rinvenire per evitare con la prossima legge di bilancio l’aumento dell’Iva. Servono misure che mettano in sicurezza il quadro congiunturale, vista la frenata dell’economia dell’Eurozona e il piano monstre da 50 miliardi di euro che si sta valutando in Germania per far ripartire la locomotiva d’Europa. Altri interventi potrebbero servire qualora diventassero realtà i dazi minacciati da Donald Trump e la Brexit.“
Ma dal Corriere arrivano indiscrezioni secondo cui “da Francoforte, nel pomeriggio, fonti autorevoli della Bce hanno già fatto sapere che, seppure onorato dell’interessamento espresso da esponenti politici di più parti, Mario Draghi è indisponibile”.
Sempre il Corriere aveva sottolineato, come fatto notare da Libero Quotidiano, che tuttavia solo il nome di Draghi, da solo, vale cento punti di spread. Il problema è verificare se i grillini reggerebbero un nome del genere”.
Sul cosa farà Mario Draghi dopo la fine della sua esperienza alla Bce come presidente della Bce, a fine ottobre, è stato scritto di tutto. L’ipotesi di Draghi a Palazzo Chigi non è certo di queste ultime ore.
Lo stesso Alessandro Sallusti, sul Giornale, ha scritto due giorni fa nell’articolo “Una telefonata a Draghi ci allungherebbe la vita”:
“Non voglio dare consigli – non ne ho neppure l’autorevolezza – ma se mi è permesso di giocare per un attimo a fare Mattarella io una telefonatina a Mario Draghi la farei. Così, tanto per non lasciare nulla di intentato”. Sallusti ha ricordato che “ad alcuni – soprattutto ai filosovranisti – il nome di Draghi provoca l’orticaria perché associato all’euro alta burocrazia. Ma si tratta di un pregiudizio, di una falsa vulgata, cioè erronea traduzione della verità. Mario Draghi è in realtà un arci italiano, europeista convinto e intelligente che da presidente della Banca centrale europea ha tenuto testa agli egoismi e alle spinte franco-tedesche. Non l’ha fatto urlando e insultando ma facendo valere con autorevolezza la ragione, le regole e la sua autonomia di governatore sancita dai trattati”. “Mario Draghi ha appena terminato il suo mandato alla Bce, il mondo lo corteggia e lo stesso Trump lo vorrebbe tutto per sé. Se fosse così folle da accettare di tornare a casa (a proposito di cervelli in fuga) per salvare il suo paese credo che ben pochi dei rissosi protagonisti della politica italiana potrebbero stupidamente dire «no, con lui no». Non penso a un governo tecnico, ma politico e soprattutto finalmente autorevole e rispettato. Chi ha salvato l’Europa dal default certamente saprebbe salvare l’Italia dal pasticcio in cui si è infilata”.