Boeri: doppio no a eliminazione riforma Fornero e reddito cittadinanza. Su povertà c’è già Rei
Il numero uno dell’Inps Tito Boeri boccia l’idea di abolire la legge Fornero, come promesso durante la campagna elettorale dalla Lega di Matteo Salvini e dal M5S di Luigi Di Maio. Boeri dice no anche al reddito di cittadinanza del M5S.
Ospite a “In mezz’ora in più” di Lucia Annunziata su Rai 3, Boeri spiega che, “se si dovesse davvero abolire la Fornero questo costerebbe nell’immediato 11 miliardi, per salire dopo a 15 miliardi”.
Per Boeri la scelta eventuale di azzerare la legge che prende il nome da Elsa Fornero, ex ministro del Lavoro del governo Monti, provocherebbe tra l’altro problemi di iniquità, visto che ci sono italiani che hanno pagato già per la riforma, accettando tagli importanti sulle loro pensioni.
“Sarebbe doppiamente iniquo, per chi ha pagato dei costi e per i giovani”, ha detto. Fattore non meno importante, il costo che la sua eliminazione comporterebbe sarebbe “difficilmente sostenibile dal sistema previdenziale“, visto che farebbe lievitare a “85 miliardi il debito pensionistico” con costi immediati vivi dagli “11 ai 15 miliardi”.
Ancora, passare al sistema di “quota 100” proposto dal centrodestra “sarebbe ancora più costoso, con un ammontare di debito pensionistico a 105 miliardi, difficilmente sostenibile”.
Bocciata anche l’idea del reddito di cittadinanza, la cui introduzione comporterebbe un costo “fino a 38 miliardi, o se vogliamo essere più ottimisti 35 miliardi”. La misura è stata definita inoltre da Boeri “rischiosa”, in quanto “possibile disincentivo a essere occupati”.
Boeri ritiene in generale “sbagliato introdurre strumenti nuovi”, visto che c’è già il Rei, ovvero il Reddito di inclusione:
“Oggi in Italia ci sono circa 4.700.000 persone in condizione di povertà assoluta. Il Rei ne copre 2.500.000: il 50% della platea dei poveri assoluti. Se aggiungiamo risorse allora potremo coprirne molti di più: bisogna partire da li e potenziarne le risorse”.
Il numero uno dell’Inps invita anche a non fare confusione sul reddito di cittadinanza, “qualcosa di cui si discute a livello accademico e non esiste in alcuna parte del mondo”, visto che “si dà un reddito a tutti a prescindere dal proprio patrimonio. Quello di cui si è parlato in campagna elettorale è più vicino al reddito minimo, che aiuta i più poveri ad arrivare a un reddito per una vita dignitosa”.
Quello del M5s, invece, sarebbe “congegnato per costare davvero molto alla pubblica amministrazione. A regime il reddito di inclusione costa 3 miliardi, aggiungendo 4 miliardi potremmo aiutare tutti quelli che stanno in difficoltà”, mentre la proposta dei 5 stelle “costerebbe intorno ai 34-35 miliardi”.