Cannabis: arriva la restrizione della Cassazione, cosa cambierà?
La decisione restrittiva presa dalle sezioni unite penali della Cassazione sul tema cannabis ha sollevato non pochi dubbi, soprattutto per negoziati, agricoltori e operatori della fliliera della canapa, che in questi anni hanno investito risorse e tempo in un settore in forte crescita ma che ora rischia di andare in fumo. Sarà davvero così? Cosa succederà adesso?
Cosa stabilisce la Cassazione, le novità
La Corte di Cassazione ha affermato che ora la cessione, la vendita e la commercializzazione al pubblico di prodotti derivati dalla coltivazione della Cannabis Sativa costituiscono reato, a meno che questi prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante. La soglia di efficacia drogante del principio attivo THC è stata fissata da anni nello 0,5%. Presumibilmente, quindi, la portata della pronuncia della Cassazione non riguarderebbe la commercializzazione di prodotti sotto tale soglia.
“Non si può affermare indistintamente un presunto divieto di commercializzazione di tutti i derivati della canapa, senza alcun distinguo circa la concreta efficacia drogante dei prodotti in questione per i quali è stata invece esclusa la punibilità”, chiarisce il Consorzio Nazionale Tutela Canapa. In altre parole, i negozi e gli operatori i cui prodotti rispettano la soglia dello 0,5% sarebbero esclusi dal commettere reato.
Non solo. La pronuncia si limita alle ipotesi di cessione al pubblico, lasciando impregiudicati i rapporti B2B dalle aziende agricole ad aziende che si occupano della trasformazione della canapa industriale coltivata per la realizzazione di prodotti come alimenti, cosmetici, bioplastiche, florovivaismo, materiale per bioedilizia ecc. Tutte queste attività dunque non rientrerebbero nella restizione.
Certamente tutto sarà più chiaro quando verranno rese note le motivazioni per definire meglio i contorni di questa vicenda, che coinvolge circa 800 negozi di cannabis light in Italia e ha attivato un settore fiorente. “Ogni ulteriore considerazione – precisa comunque il Consorzio – dovrà essere rimandata a seguito della pubblicazione delle motivazioni della sentenza da cui potrà essere desunto l’impianto logico-giuridico seguito dalla Corte e che potrà fornire ulteriori spunti di riflessione”. Nell’attesa, il Consorzio si augura che non si generi un clima da “caccia alle streghe” e di repressione di condotte che in realtà non costituiscono reato, con irreparabili pregiudizi, patrimoniali e non, per le numerose aziende del settore, che temono il peggio.
Non solo fumo, i mille usi della canapa
La coltivazione della cannabis in Italia riguarda esperienze innovative, con produzioni che vanno dalla ricotta agli eco-mattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, dai cosmetici all’alimentare. In Italia nel giro di cinque anni, ha sottolineato la Coldiretti, sono aumentati di dieci volte i terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne dove sono centinaia le aziende agricole che hanno investito nella coltivazione.
Tante sono infatti le varianti della canapa nel piatto, dai biscotti e dai taralli al pane di canapa, dalla farina di canapa all’olio, ma c’è anche chi usa la canapa per produrre ricotta, tofu e una bevanda vegana, oltre che la birra. Dalla canapa si ricavano oli usati per la cosmetica, resine e tessuti naturali sia per l’abbigliamento, sia per l’arredamento. Se c’è chi ha utilizzato la canapa per produrre veri e propri eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia per assicurare capacità isolante sia dal caldo che dal freddo, non manca il pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita.
Un po’ di storia
La coltivazione della canapa fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo, dietro soltanto all’Unione Sovietica. Il declino, spiega la Coldiretti, è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del boom economico che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta. ll Governo italiano nel 1961 sottoscriveva una convenzione internazionale chiamata “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” (seguita da quelle del 1971 e del 1988), in cui la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni dalla sua entrata in vigore mentre nel 1975 è uscita la “legge Cossiga” contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa sono scomparsi.
“Oggi c’è un diffusa consapevolezza internazionale delle opportunità che possono venire da queste coltura ed è pertanto necessario è necessario su un tema così delicato l’intervento del Parlamento” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare la necessità di tutelare i cittadini senza compromettere le opportunità di sviluppo del settore.