Carburanti: diesel in Italia il più caro d’Europa. Il peso delle accise e il rischio aumento Iva
Il diesel in Italia è in assoluto il più caro in Europa mentre il prezzo della benzina è il quarto più alto di quelli acquistabili nei Paesi dell’Ue. A renderlo noto è una ricerca del Centro Studi ImpresaLavoro, realizzata su dati MEF e Commissione Europea.
I prezzi alla pompa a confronto
Il diesel acquistato in Italia risulta il più caro in assoluto tra i Paesi dell’Ue. Il costo al litro è infatti pari a 1,487 euro, superando di molto la media europea (pari a 1,329 euro), la Germania (1,242 euro) e la Spagna (1,213 euro).
Con 1,599 euro al litro, il costo della benzina è dell’11,1% più alto di quello della media europea: il pieno in Italia costa il 4,5% in più rispetto alla Francia, l’11,4% in più rispetto alla Germania e addirittura il 26,3% in più rispetto all’Austria. Peggio di noi in Europa fanno soltanto Paesi Bassi, Grecia e Danimarca con un costo al litro rispettivamente di 1,681, 1,629 e 1,620 euro.
Il peso delle accise
Il prezzo risente fortemente della componente relativa a tasse e accise. In Italia il prelievo statale rappresenta il 63,5% del prezzo finale della benzina contro il 60,2% della media europea, il 61,8% della Francia, il 61,6% della Germania e il 52,9% della Spagna.
Anche per quanto riguarda il diesel l’incidenza delle tasse sul prezzo finale è molto alta: il 59,6% del prezzo finale è costituito da tasse, contro una media europea pari al 54,9%. Peggio di noi fa solo il Regno Unito, con un valore pari al 60,5%.
Attualmente incidono sul prezzo del carburante ben 17 diverse accise, deliberate dal 1935 ad oggi. Il gettito totale per accise nel suo complesso è aumentato di 5,2 miliardi negli ultimi dieci anni. Le accise su prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi garantivano alle casse dello stato 20,3 miliardi nel 2008. Gli aumenti successivi hanno fatto crescere questa cifra del 25,6% in dieci anni portando il gettito del 2018 a 25,5 miliardi di euro, una cifra sostanzialmente stabile negli ultimi anni (25,4 miliardi nel 2016, 25,7 miliardi nel 2017).
Rischio aumento Iva anche sui carburanti
“Questi numeri preoccupano soprattutto perché non sono state ancora individuate le risorse per disinnescare le clausole di salvaguardia – osserva Massimo Blasoni, presidente del Centro Studi ImpresaLavoro – In assenza di coperture alternative, esse scatterebbero dal primo gennaio 2020 facendo aumentare l’Iva (dal 22 al 25,2% quella ordinaria e dal 10% al 13% quella agevolata) e le accise sui carburanti per un valore pari a 400 milioni di euro l’anno. Al momento il 63,5% del prezzo finale della benzina è costituito da tasse e non dimentichiamo che l’Iva si applica anche sulle accise”.