Carburanti: taglio accise di 25 centesimi con intervento alla Robin Hood. Come si tradurrà su prezzi e portafogli
Il governo ha deciso di tagliare di 25 centesimi il prezzo di benzina e gasolio fino alla fine di aprile. Le coperture saranno recuperate con la tassazione degli extraprofitti realizzati in questi ultimi mesi dalle aziende produttrici di energia. L’iniziativa, annunciata venerdì scorso dal governo, raccoglie un coro di delusione tra le associazioni dei consumatori e delle imprese, che la ritengono insufficiente per risolvere il problema del caro-carburante. Cerchiamo di capire allora come si tradurrà questo taglio sui prezzi alla pompa e soprattutto quanto sarà il risparmio effettivo.
Per famiglia risparmio da 15 euro a pieno, ma…
La riduzione delle accise per 25 cent produrrà un calo dei prezzi alla pompa pari a 30,5 centesimi, considerata anche l’Iva che si applica sull’accisa. Secondo i calcoli del Codacons, questo significa che, sulla base degli ultimi prezzi ufficiali comunicati dal Mite, per effetto del provvedimento del Governo la benzina costerà in media 1,879 euro al litro, il gasolio 1,849 euro. Un risparmio rispetto ai prezzi attuali di benzina e gasolio pari a circa 15,2 euro a pieno.
Se però si analizza l’andamento dei listini dei carburanti nell’ultimo anno, si scopre che il bilancio è ancora fortemente in perdita: rispetto allo stesso periodo del 2021, infatti, la benzina costa oggi il 39,4% in più (2,184 euro al litro), il gasolio addirittura il 50% in più (2,154 euro/litro). Aumenti che producono un maggior esborso per le famiglie pari a +30,9 euro per un pieno di benzina, +35,9 euro per un pieno di diesel.
“Insufficiente poi tagliare la accise solo per un mese, considerato che dallo scorso ottobre i prezzi alla pompa della benzina hanno superato quota 1,7 euro al litro salendo costantemente fino ad arrivare ai record odierni”, aggiunge il presidente dell’associazione, Carlo Rienzi.
Benzina e gasolio resterebbero sopra prezzi pre-guerra
Il taglio si tradurrebbe in “un ribasso inadeguato e insufficiente”, secondo l’Unione Nazionale Consumatori, che anche lei fa qualche calcolo: in pratica, conteggiando anche l’Iva al 22%, i prezzi si ridurrebbero di circa 30 cent, 30,5 cent, ossia, prendendo gli ultimi dati ufficiali del Mite, secondo i quali la benzina in modalità self service viene venduta in media a 2,185 euro al litro e il gasolio 2,155 euro al litro, i carburanti scenderebbero sia sotto la soglia di 2 euro che sotto la soglia di 1,9 euro, ma non tornerebbero nemmeno ai livelli precedenti il conflitto, ai valori pre-guerra. La benzina, infatti, con la riduzione delle accise arriverebbe a 1,88 euro (era 1,869 nella rilevazione settimanale del 28/02/2022) e il gasolio si attesterebbe addirittura a 1,85 euro (era 1,740 euro il 28/2). Per il servito, ovviamente, sarebbe ancora peggio.
Anche Assoutenti sostiene che le misure annunciate dal Governo con il nuovo decreto non centrano l’obiettivo e non risolveranno l’emergenza prezzi. Non solo per il taglio risicato delle accise sui carburanti, ma anche per un innalzamento dell’Isee del tutto inadeguato e una rateizzazione a 24 mesi delle bollette che dimentica i mesi energivori invernali e inizia a maggio, quando i consumi sono bassissimi.
Interventi alla Robin Hood, allarme Unimpresa su consumi e crescita
Report del Centro studi dell’associazione. Vendite al dettaglio in discesa a causa della guerra. Il pil italiano sotto il 3% nel 2022, crescita ridotta anche nel 2023.
Secondo Unimpresa, il decreto si fonda su un impianto alla “Robin Hood”, cioè con un prelievo fiscale aggiuntivo sugli extra profitti delle aziende che vendono prodotti energetici, ma questo tipo di interventi spesso si rivela poco efficace, forse fallimentare.
“Le imprese italiane devono far fronte a un rincaro dei costi energetici rilevante che ha già portato, in molteplici situazioni, a un blocco della produzione. In assenza di misure più robuste, le fabbriche resteranno chiuse e ci saranno contraccolpi negativi per il prodotto interno lordo e anche sul versante dell’occupazione – osserva il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, commentando il decreto legge energia approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri. – Anche per quanto riguarda le famiglie, il decreto legge si traduce in una mancetta che non dà il necessario respiro e compensa solo in parte il rincaro dei carburanti”.
Secondo l’ufficio studi di Unimpresa, la maggiore incertezza generata dalla guerra in Ucraina, il rincaro dei prezzi e il parziale spostamento delle scelte dei consumi dai beni ai servizi potrebbero rallentare bruscamente le vendite al dettaglio da parte delle famiglie nei prossimi mesi. Un andamento che si tradurrà in un inevitabile calo della crescita economica prevista per quest’anno e anche per il 2023.
Già a gennaio, quando il conflitto tra la Russia e l’Ucraina non era ancora iniziato le vendite al dettaglio erano già calate dello 0,5% su base mensile, spinte al ribasso sia dalla diminuzione degli acquisti di beni alimentari (-0,1%) sia di quelli non alimentari (-0,8%). Il conflitto tra la Russia e l’Ucraina non sembra risolvibile nell’arco di un breve periodo, ragion per cui le ripercussioni sull’economia dell’area euro e dell’Italia in particolare saranno rilevanti, secondo Unimpresa.
In particolare, la crescita del Pil dell’Italia sarà assai meno positiva rispetto alle stime di inizio anno, probabilmente ben al di sotto della soglia del 3%. “È verosimile che la guerra eroderà oltre un punto e mezzo percentuale di crescita”, calcolano dall’associazione.