Carige, Di Maio promuove nazionalizzazione. Così ‘popolo sovrano si riappropria delle banche’. Tria frena
Nazionalizzazione Carige sì, nazionalizzazione Carige no. Nel governo M5S-Lega sembra farsi sempre più strada l’ipotesi di trasformare la banca genovese commissariata la scorsa settimana dalla Bce e messa in sicurezza con un decreto ad hoc che prevede un salvagente di un valore massimo teorico di 4 miliardi, in una banca di Stato. Ricorrere dunque alla soluzione paventata inizialmente come residuale della ricapitalizzazione precauzionale? Sì, per il vicepremier Luigi Di Maio, che però tende a rimarcare le differenze che si presenterebbero, rispetto ai salvataggi bancari precedenti:
Così su Facebook:
“Se mai lo stato dovrà mettere soldi in Carige sarà per farla diventare una banca di Stato. Noi non abbiamo ancora messo un euro” ma “se ce li metteremo non sarà per darli al banchiere: per questo governo o si nazionalizza o non si mette un euro”. Insomma: “i cittadini mettono i soldi e i cittadini si prendono la banca”.
Di Maio rincara poi la dose in un’intervista rilasciata ad AdnKronos:
“Quel che posso dire è che ci crediamo, è l’unico vero intervento che si può fare, l’unica strada percorribile per il M5S. Il popolo sovrano si riappropria delle banche”.
L’assist a un eventuale processo di nazionalizzazione arriva anche dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti,
“La nazionalizzazione di Carige è un’eventualità prevista dal decreto se non si verificano alcune condizioni, quindi se nessun privato ci mette i soldi arriverà la nazionalizzazione”, ha detto Giorgetti. “Toti (presidente della Liguria, Francesco Toti) e Modiano (Pietro Modiano, ora commissario straordinario, ex presidente di Carige) contrari? Se gli azionisti privati avessero capitalizzato la banca e ci avessero messo i soldi, cosa che non hanno fatto il 22 dicembre, non sarebbe necessario il decreto legge”, ha detto Giorgetti, continuando: “Quanto costerà alle tasche degli italiani? Questo non è preventivabile, le somme indicate nel decreto legge sono dei limiti massimi”.
Modiano ha detto per l’appunto l’opposto, parlando con i giornalisti a margine di una conferenza stampa convocata per presentare il rinnovo del servizio di tesoreria con la Regione Liguria.
“E’ un’ipotesi più che teorica, che è stata evocata dal decreto governativo per dire che qualunque cosa succeda a Carige, la banca non cadrà, fino all’ipotesi estrema che richiederebbe una capitalizzazione precauzionale. Ma, appunto, resta un’ipotesi astratta”. Nel commentare le dichiarazioni di Giorgetti, Modiano ha inoltre affermato che, “se un esponente del governo, che non credo si occupi di questa materia, dice questo, redo che sia perché è un po’ condizionato dall’idea che bisogna rispondere alla domanda teorica su cosa succederebbe se una banca italiana andasse in estrema crisi. E a questa domanda teorica si risponde come si vuole. Ma se si applica a Carige -ha concluso Modiano- è un’ipotesi che non c’è”.
La verità invece è che Di Maio, sempre di più, sembra puntare su questa soluzione. Così, stando a quanto riporta AdnKronos:
“Le banche dello Stato possono esistere, possiamo aiutare le famiglie e dobbiamo punire fortemente quei banchieri che anche nel caso Carige hanno ridotto così la banca. Non sarà la stessa musica. La musica è cambiata”. Il leader del M5S promette inoltre battaglia a chi ha ridotto sul lastrico l’istituto genovese:
“Nei prossimi giorni quando pubblicheremo l’elenco dei debitori di Carige vedremo chi troveremo lì dentro: ovviamente se troveremo delle persone che hanno difficoltà a pagare neanche ve lo diremo il nome ma se troveremo i soliti noti e troveremo i soliti soggetti che hanno avuto favori delle banche in questi anni non solo ve lo comunicheremo come governo, e questa sarà già una novità, ma soprattutto la faremo pagare a tutti i banchieri che in questi anni hanno ridotto così quella banca per fare un favore a qualcun altro”.
Dal canto suo, in occasione di un question time all’Aula della Camera, il ministro dell’economia Giovanni Tria frena sulla soluzione ‘nazionalizzazione’:
“Al momento non è possibile dire se si materializzerà l’esigenza di un intervento di ricapitalizzazione precauzionale, perchè una soluzione di mercato è preferibile. Un ricapitalizzazione precauzionale, la cosiddetta nazionalizzazione, sarebbe un’operazione temporanea”.
Tria poi fa notare che per Carige non c’è alcun salvataggio, come non c’è stato neanche per Mps:
“La qualificazione come salvataggio non è appropriata per Carige, così come non lo era per Mps, perchè ne possono beneficiare solo le banche solventi”.
Le dichiarazioni di Di Maio sull’ipotesi nazionalizzazione rendono ancora più infuocato il dibattito politico sul caso Carige:
Così la vicepresidente di Forza Italia della Camera Mara Carfagna:
“Luigi Di Maio vuole una banca? La compri con i suoi soldi, non con quelli degli italiani. L’idea di nazionalizzare Carige è grottesca e non riesce a mascherare l’imbarazzo del M5s per avere copiato e incollato le misure scritte dal Pd”.
“Invece di abbandonarsi a fantasie di nazionalizzazione, il governo faccia in modo che non sia più necessario salvare banche con il denaro pubblico e lo usi piuttosto per investire, abbassare le tasse, creare posti di lavoro. Forza Italia non ha mai partecipato alla fiera delle accuse reciproche su chi fosse amico di quale banca, una polemica degradante che non rende certo più solide le casse degli istituti di credito né più sicuri i risparmi delle famiglie”.
Mentre su Twitter Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi di Camera e Senato, scrive: “Qual è il premier il cui cognome è di 5 lettere che ha salvato una banca con i soldi dei cittadini…
Renzi? No, Conte. #movimento5palle #Carige #sonocomeilPD”.
Dal canto suo il presidente della commissione Finanze del Senato Alberto Bagnai, ai microfoni di Rai Radio1 a Radio anch’io condotto da Giorgio Zanchini, dichiara:
“Se interviene una decisione di commissariamento, forse si può pensare che alla sorveglianza europea, e magari anche a quella italiana – ma non voglio essere polemico -, la situazione sia in qualche modo sfuggita di mano.
Che non avesse sotto controllo lo stato della liquidità della banca e che non siano intervenuti in tempo. Circa poi la Bce sappiamo che ha attuato una sorveglianza così poco dotata di personale che ha dovuto dare in appalto gli stress test a società di interessi private in conflitto di interessi. Allora in queste circostanze quando anche in Europa si vogliono fare le nozze con i fichi secchi, se poi succedono guai, ce li possiamo anche aspettare”.Insomma, Bagnai, dice lui stesso, non ha mai criticato i salvataggi delle banche, che rappresentano tra l’altro “il sistema circolatorio del corpo del paese”.
La polemica esplode anche sulla copertura del caso Carige da parte della Rai. La questione viene sollevata su Facebook dal deputato del partito democratico e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, che pubblica il video con lo scambio tra Corona e Berlinguer sul viagra.
“Cartabianca, l’unico talk Rai di informazione in prima serata, preferisce parlare di viagra con Mauro Corona, peraltro in un discutibile scambio tra sessismo e disinformazione medica, mentre non dedica nessun approfondimento al caso Carige, la banca che il Governo Salvini-Di Maio ha deciso di salvare stanziando diversi miliardi di euro pubblici con un Cdm semiclandestino”.
“Nessun esperto invitato a spiegare – ha continuato Anzaldi- cosa succede ora per le centinaia di migliaia di clienti della banca, nessuna spiegazione sulle conseguenze per il sistema bancario: il tema è stato liquidato con poche battute con il ministro Toninelli, peraltro senza alcun contraddittorio politico. Questo sarebbe il servizio pubblico? Verrebbe da dire che ha ragione Freccero quando dice che servono più spazi di vera informazione.
Peraltro lo stesso Freccero è stato criticato per la discutibile battuta sulle donne arabe, ma nessuno dice nulla sull’imbarazzante celodurismo di Corona. I telespettatori, tra l’altro, ricordano con quanta solerzia e impiego di giornalisti Bianca Berlinguer, da direttore del Tg3, seguì il caso di Banca Etruria. La questione di Banca Carige, molto più rilevante in termini di correntisti coinvolti, è stata invece sostanzialmente ignorata dalla sua trasmissione”.
Intanto, è più che fosco lo scenario su banca Carige presentato dalla First Cisl, che ha pubblicato ieri uno studio sull’istituto genovese:
Il rilancio di Banca Carige sarà “impossibile” se si svuotano le filiali:
“I commissari di Carige – afferma il responsabile dell’ufficio studi della First, Riccardo Colombani – sostengono che la ripresa dovrà passare attraverso il rilancio dell’attività commerciale con le famiglie e con le imprese del territorio. Siamo d’accordo, ma senza rafforzare le filiali non ci si riuscirà, così come è impossibile riuscirci se si cedono masse di crediti garantiti, anzichè lavorare al loro recupero”.
“I numeri – secondo il portavoce della segreteria nazionale First – parlano chiaro: mettendo insieme depositi, titoli e crediti, nel 2018 Carige ha sviluppato un prodotto bancario per dipendente di 12,8 milioni di euro, che, crescendo dell’8,4% rispetto agli 11,8 milioni dell’anno prima, si è allineato con i 12,9 milioni delle altre maggiori banche di territorio italiane (Banco Bpm, Mps, Ubi, Bper e Creval), segno di una forte produttività del personale. Però i 109 milioni di prodotto bancario per filiale di Carige sono molto più bassi dei 152,4 milioni dei competitor, e questo perchè la banca ligure ha mediamente solo 8,5 dipendenti per sportello, contro i 12 delle altre banche”.
In cinque anni, dal 2012, “ultimo esercizio senza perdite nette, Carige ha ridotto personale e filiali con un ritmo più elevato dei concorrenti, che pure hanno affrontato forti ristrutturazioni. Nella banca ligure il personale è calato del 23,1% e gli sportelli sono scesi del 21,9% contro cali rispettivamente dell’8,6% e del 16,4% tra i competitor: il risultato è che il prodotto bancario di Carige è crollato del 32,8% e quello dei concorrenti è sceso solo del 10,1%”.
“Carige – aggiunge Colombani – ha perso il 52,1% del proprio margine primario, mentre le altre banche scendono dell’11,9%. Il crollo ligure è dovuto a una contrazione spaventosa dei depositi, scesi del 40,3%, e dei crediti, ridottisi del 45,9%. È evidente che senza sportelli e con un numero troppo basso di addetti per filiale non si può fare banca del territorio e non si possono recuperare le quote di mercato perdute”.