CdP-Tim, Cottarelli: timore che si torni a partecipazioni statali. Su Italia: basta puntare su Draghi
La Cdp entra nel capitale di Telecom Italia con una partecipazione del 5% e l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli non nasconde le proprie preoccupazioni. E’ quanto emerge dalla risposta che dà alla richiesta di un commento sulla mossa di Cassa Depositi e Prestiti in TIM, a margine del workshop Ambrosetti:
“Non parlo di operazioni specifiche ma ho in generale una preoccupazione maturata negli ultimi anni che si ricreino le partecipazioni statali. La cosa è un po’ strana perché tutti si lamentano della proliferazione delle partecipate locali, delle municipalizzate, che sono troppe, però al tempo stesso non è che si può ricreare il capitalismo a livello di Stato, a livello centrale. E’ una cosa un po’ strana, però non voglio commentare operazioni specifiche”.
A tal proposito arriva la rassicurazione del ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, che afferma che la Cassa depositi e prestiti non sta prendendo il controllo di Tim e che non c’è alcun pericolo statalismo:
“Nessuno difende le partecipazioni statali – ha scritto il ministro su Tiwtter – la Cdp non sta assumendo il controllo di Tim. Ma Tim possiede un asset di interesse pubblico, la rete, ed è giusto presidiare perchè le ultime proprietà non sono state precisamente impeccabili. Da qui allo statalismo ce ne passa”.
COTTARELLI AVVERTE: NON PUNTARE PIU’ SU AIUTI DRAGHI (BCE)
Nell’editoriale pubblicato oggi su Repubblica Affari&Finanza “Non puntiamo più sugli aiuti di Draghi”, Carlo Cottarelli affronta direttamente la questione italiana, ancora senza un governo dopo più di un mese dal giorno del voto.
L’auspicio è che qualsiasi governo futuro in Italia sostenga la crescita dell’economia, che rimane ancora debole rispetto al resto dell’Europa. Anche perchè, spiega l’ex commissario alla Spending review, non è detto che l’aiuto di cui finora l’Italia ha beneficiato grazie alle mosse della Bce di Mario Draghi (leggi Quantitative easing) durerà per sempre.
Tutt’altro: il whatever it takes di Draghi che ha frenato l’attacco speculativo sull’Italia e in generale sui debiti sovrani europei non è più una garanzia. Per la precisione, non è più una garanzia che ci sia un whatever it takes 2.
E questo significa che bisogna approfittare della crescita anche per risanare il debito.
“Con il Pil in aumento, le entrate dello stato crescono e se le risparmiamo riusciremo a pareggiare il bilancio pubblico nel giro di pochi anni”. Cruciale evitare che si sia costretti alla fine a sistemare i conti quando le cose vanno male, ovvero nei casi di recessione, o di mercati sotto pressione o, ancora peggio, di ritorno dell’austerity:
“Dobbiamo evitare che questo si ripeta perché non sappiamo se in futuro ci sarà un whatever it takes 2″.
L’Italia non speri insomma troppo in misure dall’alto, e dunque anche in “aiuti dall’Europa sotto forma di mutualizzazione del debito“.
Certo, comunque “dobbiamo chiedere all’Europa di non commettere nuovi errori come quello di Deauville. Destano preoccupazione le proposte che segnalano che i titoli di Stato dei paesi ad alto debito sono ‘a rischio'”.
Sugli errori di Deauville, il riferimento è a quanto avvenne nell’ottobre 2011, quando la cancelliera tedesca Angela Merkel e l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy, ricorda Cottarelli, concordarono che “l’accesso ai prestiti europei per i paesi in crisi sarebbe stato condizionato alla ristrutturazione del debito.
“E’ la pietra tombale sul primo programma di sostegno alla Grecia, che infatti poco dopo deve ristrutturare il debito”.
COTTARELLI SU DEBITO: TRUMP FA PIU’ PAURA DEL RIALZO TASSI BCE
Il tema conti pubblici è stato affrontato da Cottarelli anche in occasione del workshop di Ambrosetti dove ha detto ai giornalisti, a margine dell’evento, di non essere tanto preoccupato per l’aumento dei tassi:
“Non credo che il problema possa venire dall’aumento dei tassi di interesse, quello che mi preoccupata è uno shock recessivo, una recessione in Europa per esempio scatenata da una guerra sulle tariffe in cui il Pil riprende a scendere in Italia, il rapporto tra debito e Pil ricomincia a salire”. Quello sì “farebbe ripartire la speculazione contro l’Italia”.
Più che del ritiro del bazooka Quantitative easing da parte della Bce di Mario Draghi, e il via a un percorso di normalizzazione dei tassi che si traduca in un loro aumento, l’economista teme dunque l’impatto che l’acuirsi di decisioni improntate al protezionismo da parte del presidente americano Donald Trump potrebbero avere sul Pil mondiale, dunque europeo e italiano. Teme, dunque, le conseguenze di una guerra commerciale sui fondamentali economici globali e, di riflesso, anche sull’Italia.
Cosa fare, dunque, per risanare i conti pubblici italiani? E’ il tempismo la cosa più importante.
“Non bisogna fare cose straordinarie, in un contesto in cui noi stiamo crescendo le entrate dello Stato aumentano, stiamo crescendo all’1,5% e in termini reali le entrate dello Stato aumentano dell’1,5%, se noi manteniamo la spesa costante in termini reali, cioè in termini di potere d’acquisto, non la tagliamo neanche, la manteniamo costante”, ha detto.
“Per tre anni le entrate aumentano, la spesa rimane costante e questo elimina il deficit, che è quella cosa che alimenta il debito – ha proseguito Cottarelli – Se il debito non cresce più in termini di euro, in rapporto alla dimensione dell’economia, scende. Ecco, bisogna fare questo. Il debito non deve scendere in termini di euro, deve scendere rispetto al Pil. E’ una cosa fattibile, l’hanno fatta in tanti, non richiede un’austerità selvaggia se ci muoviamo in tempo, anzi non richiede neanche austerità se ci muoviamo in tempo, perché come ho detto non serve neanche tagliare la spesa, però dobbiamo muoverci in tempo”.