Censis/Confcooperative presenta lockdown economy: ‘shock epocale, saldare tutti debiti PA’. Ed è alert Istat
Coronavirus uno shock epocale. Così si legge nel nuovo focus Censis-Confcooperative “Lo shock epocale: imprese e lavoro alla prova della lockdown economy”. Si tratta di un rapporto sugli effetti della pandemia coronavirus sull’economia italiana.
Il presupposto è la chiusura delle attività economica fino a maggio 2020, e un ritorno alla normalità entro i due mesi successivi. Dal rapporto, fa notare il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini, emerge che ci vorranno due anni “prima di poter ritornare ai livelli di Pil e di crescita stimata fino allo scorso gennaio”.
In un contesto di “lockdown economy“, praticamente di economia in quarantena a causa delle restrizioni imposte dal governo per evitare il diffondersi del virus, il motore produttivo sta lavorando “a circa il 60% del proprio potenziale”, situazione che “innesca una catena degli effetti dirompente in termini di reddito, di domanda interna, di sostenibilità economica, in cui il fattore tempo (la durata della sospensione) diventa la variabile fondamentale per capire le conseguenze su un sistema economico e sociale sottoposto a uno ‘stress test‘ che nessuna recessione nel passato aveva mai fatto sperimentare”.
Lo stop alle attività produttive, numeri in mano, “ha prodotto un impatto che, in termini di fatturato, ha riguardato 660 miliardi di euro nell’ambito dei servizi e 91 miliardi nelle costruzioni, mentre per le imprese dell’industria in senso stretto la restrizione ha avuto effetto su 570 miliardi“.
In una tabella viene presentata la dimensione economica del “lockdown”, valutata 1.321 miliardi di euro, ammontare che “corrisponde al 42,4% del totale del fatturato dell’Industria e dei Servizi che complessivamente supera i 3.115 miliardi di euro”.
Il numero uno di Confcooperative Maurizio Gardini vede tuttavia anche qualche elemento positivo in questa situazione di emergenza sanitaria, a cui si accompagna l’emergenza economica:
“Nonostante tutto – dice Gardini – va visto il bicchiere mezzo pieno, perché le giuste misure di contenimento del coronarivus non hanno bloccato l’intera economia. Poco più della metà delle imprese e dei suoi lavoratori non si sono fermati. In qualche modo la fase 2 parte da qui, ma va alimentata con coraggio e decisione. Vanno tenuti accesi i motori del sistema imprenditoriale per consentire la ripartenza appena sarà possibile e cercare il rimbalzo necessario per il nostro PIL. In caso contrario rischiamo di uscire da questo lockdown lasciando sul tappeto almeno il 20% delle imprese, poco meno di 1 milione di pmi, con conseguenze indescrivibili in termini di fatturato, occupazione e tenuta sociale del Paese”.
PRESIDENTE CONFCOOPERATIVE: ‘VANNO SALDATI TUTTI DEBITI PA, SIAMO MAGLIA NERA EUROPA
Cosa fare dunque? Questa la risposta di Maurizio Gardini, numero uno di Confcooperative:
“Posta l’emergenza sanitaria abbiamo due fronti su cui lavorare, quello europeo e quello italiano. Partiamo da casa nostra, il tema prioritario è il credito. Occorrono meccanismi che garantiscano liquidità immediata a tutte le imprese che, dalle più piccole alle più grandi, sono in difficoltà. Per l’export, a esempio, è a rischio un valore di 280 miliardi pari al 65,8% del valore complessivo. Ecco perché le misure del governo devono consentire alle banche di essere immediatamente operative con istruttorie con tempi record, degne dei periodi di emergenza, superando il cronico problema della burocrazia che rallenta ogni processo. E a proposito di liquidità, vanno saldati tutti i Debiti della PA. Siamo maglia nera in Europa – aggiunge il presidente di Confcooperative – è il minimo che si possa fare: 53 miliardi dovuti dallo Stato alle imprese che non possono continuare a fare da cassa allo stato e agli enti locali. Solo le cooperative sociali e quelle di produzione lavoro e servizi hanno crediti per circa 2 miliardi di euro. Questa è una sfida che si può vincere solo con lìEuropa che in caso di sconfitta rischia molto più di una grave depressione economica, rischia di veder morire quel sogno chiamato Europa. E qui arriviamo al secondo fronte – continua Gardini . Da questo shock epocale usciremo vincitori solo con un’Europa unita e solidale. È indispensabile l’emissione di bond europei che non pesino sul debito dei singoli paesi e siano finalizzati a supportare le economie degli stati membri”.
“Non è un discorso di “falchi” contro “colombe”. Gli effetti del Covid19 sono insostenibili per i singoli paesi. Anche per quelli che lucrano grazie a imprese che spostano ad Amsterdam la propria sede legale per un fisco di favore. Ricordiamo che le cooperative non delocalizzano, ma creano lavoro e ricchezza in Italia. Erogano servizi in Italia. Pagano le tasse in Italia”.
ALERT ISTAT: CROLLO CONSUMI -10% CON RIAPERTURA A GIUGNO
Anche l’Istat lancia l’alert, facendo notare che le misure di contenimento stanno causando uno shock generalizzato, senza precedenti storici, che coinvolge sia l’offerta sia la domanda.
Nel suo rapporto mensile sull’economia, l’istituto di statistica precisa che al momento è difficile fare previsioni sull’impatto economico dell’emergenza. “La rapida evoluzione della pandemia rende difficile rilevare l’intensità degli effetti sull’economia reale con gli indicatori congiunturali la cui diffusione avviene con un ritardo fisiologico rispetto al mese di riferimento”, si legge nella nota.
Tuttavia, le conseguenze sono già visibili su alcuni indicatori, tra cui il clima di fiducia, crollato tra i consumatori e le imprese, le esportazioni, scese soprattutto nei confronti della Cina, e sulle vendite al dettaglio, aumentate per effetto degli acquisti di beni alimentari.
L’Istat rileva che “risultano sospese le attività di 2,2 milioni di imprese (il 49% del totale, il 65% nel caso delle imprese esportatrici), con un’occupazione di 7,4 milioni di addetti (44,3%) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1%). “Il lockdown delle attività produttive ha quindi amplificato le preoccupazioni e i disagi derivanti dall’emergenza sanitaria, generando un crollo della fiducia di consumatori e imprese”, spiega l’istituto di statistica, sottolineando che i valori di marzo rappresentino i livelli più bassi rispetto al periodo considerato e alle precedenti crisi economiche. Per non parlare del crollo dei consumi, -10% se si riaprisse a giugno.
Nel caso di una chiusura fino a giugno, avverte, le contrazioni più marcate del valore aggiunto si riferirebbero alle attività di alloggio e ristorazione (-23,9%) e commercio, trasporti e logistica (-6,9%).