Cgia: ‘Italia recupererà i 4,2 punti Pil persi da 2007 non prima del 2024’. Alert manovra bis
Dopo l’allarme lanciato da Bankitalia, secondo cui l’Italia sarebbe stata colpita dalla recessione nel secondo semestre del 2018, arriva anche l’alert firmato Cgia. L’associazione paventa una crescita debole e anche una manovra bis.
Manovra bis di cui ha parlato nei giorni scorsi più volte anche il quotidiano La Repubblica, quantificandola a un valore fino a 8 miliardi di euro. Nel fine settimana il quotidiano è tornato sulla minaccia, dimezzando comunque le previsioni e parlando di una manovra bis da 4 miliardi.
Le previsioni nere di Bankitalia avrebbero già messo sull’attenti l’Unione europea, il cui sì alla manovra del governo M5S-Lega era stato accompagnato, tra l’altro, dalla cosiddetta ‘caparra’. Già il numero due della Commissione europea, il vicepresidente Valdis Dombrovskis, aveva precisato, nel commentare l’ok alla legge di bilancio italiana che, se le cose fossero “andate male”, l’Europa avrebbe potuto tornare sulla decisione (di non avviare “una procedura di infrazione per deficit eccessivo) a gennaio”. Dal maxi-emendamento era emersa la caparra trattenuta dalla Commissione, pari a 2 miliardi.
La Cgia di Mestre è tornata a fare il punto della situazione dell’economia italiana, e il quadro non è affatto confortante, se si considera che l’Italia è ancora lontana dai livelli di crescita precedenti l’esplosione della crisi finanziaria globale del 2008.
“Dopo 10 anni dobbiamo ancora recuperare 4 punti di Pil e 19 di investimenti”, si legge nell’ultimo rapporto firmato dall’associazione:
“Rispetto l’anno ante-crisi (2007) dobbiamo ancora recuperare 4,2 punti percentuali di Pil e ben 19,2 punti di investimenti. A distanza di 10 anni, inoltre – prosegue la Cgia – i consumi delle famiglie sono inferiori di 1,9 punti e il reddito disponibile, sempre delle famiglie, è in calo di 6,8. In materia di lavoro, l’occupazione è aumentata dell’1,7 per cento, mentre il tasso di disoccupazione è cresciuto dell’84,4 per cento. Se, infatti, nel 2007 il tasso di coloro che era alla ricerca di un’occupazione si attestava al 6,1 per cento, nel 2018 è salito al 10,5 per cento (dato ancora ufficioso). Bene, invece, l’export: a distanza di un decennio le vendite all’estero sono cresciute del 13,9 per cento”.
Così il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo:
“Sebbene negli ultimi 5 anni il Pil sia tornato a crescere, il risultato è presto detto: rispetto l’anno pre-crisi siamo meno ricchi, sono franati gli investimenti, spendiamo meno e abbiamo più disoccupati. L’unica cosa veramente positiva è che il nostro “made in Italy” vola e continua a conquistare i mercati stranieri. Stando alle previsioni di crescita che nel triennio saranno ben al di sotto dell’1 per cento annuo, molto probabilmente il nostro Paese recupererà i 4 punti di Pil persi dal 2007 non prima del 2024: praticamente 17 anni dopo”.
Riguardo alle previsioni di crescita del Pil nel 2019, l’associazione precisa:
“A seguito del rallentamento dell’economia mondiale, degli effetti ancora molto incerti della Brexit e a causa della cessazione del Quantitative easing avvenuta il 31 dicembre scorso, mai come quest’anno è estremamente difficile prevedere come andrà l’economia italiana. Secondo i nostri calcoli su dati Prometeia di ottobre 2018, il Pil dovrebbe crescere dello 0,8 per cento, grazie, in particolar modo, all’incremento dell’1,9 per cento degli investimenti, del +1,1 per cento dei consumi delle famiglie che dovrebbe far scendere la disoccupazione dello 0,2 per cento e aumentare gli occupati dello 0,4. Con meno disoccupati e un po’ di occupati in più, il reddito delle famiglie è destinato a salire dell’1,5 per cento. Seppur in frenata, l’export aumenterà del 2,9 per cento, a dimostrazione che le nostre produzioni continuano a essere apprezzate dai mercati internazionali. Non è da escludere, infine, che se la crescita del Pil dovesse essere molto inferiore del +1 per cento stimato dal Governo Conte, quest’ultimo dovrà approvare una manovra correttiva già prima dell’estate. In effetti, i principali organismi internazionali e nazionali stanno rivedendo al ribasso le stime di crescita in quanto l’economia europea sta rallentando. Con un Pil più basso di quello previsto nella legge di Bilancio 2019, il rapporto deficit/Pil finirebbe per essere più elevato del 2,04 per cento “impostoci” da Bruxelles. Uno scenario che, ovviamente, è da scongiurare, visto che entro la fine di quest’anno bisognerà trovare 23 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’Iva che, altrimenti, scatterà dal 1° gennaio 2020. Va segnalato, infine, che con una crescita del Pil 2019 nettamente inferiore all’1 per cento, nessun altro Paese, come ha avuto modo di segnalare la Commissione europea (*), farà peggio di noi, anche quest’anno”.