Clausole di salvaguardia: Confindustria invoca lo stop, Italia unico paese Ue a usarle
La spada di damocle delle clausole di salvaguardia incombe sull’Italia e contribuisce all’incertezza sulle prospettive del paese. Il Centro Studi di viale di Confindustria sottolinea come il ricorso alle clausole di salvaguardia “invece di rassicurare istituzioni europee e mercati, motivo per cui erano state introdotte, sta avendo l’effetto di aumentare l’incertezza sui conti pubblici italiani. Gli obiettivi programmati finiscono, infatti, sistematicamente per non essere raggiunti a causa della sterilizzazione in larga parte a deficit delle clausole”.
Per questo da viale dell’Astronomia chiedono che l’Italia si liberari quanto prima di quelle ancora attive in modo da restituire credibilità ai conti pubblici. “Il Governo dovrebbe proporre alla Commissione europea un piano in cui si impegna a non introdurre nuove clausole e a coprire una quota sufficientemente ampia di quelle in vigore”, argomanta il report il Centro Studi di Confindustria nella Nota di febbraio. Lo studio curato da Alessandro Fontana, Andrea Montanino e Lorena Scaperrotta denoca come la mancanza di credibilità non può non generare effetti negativi sulle aspettative degli investitori. “In tempi normali la scarsa credibilità può non avere conseguenze; ma in fasi cicliche negative, al contrario, può rafforzare l’idea di un Paese dai conti pubblici non sostenibili”.
Cosa sono le clausole di salvaguardia?
Confindustria spiega come le clausole di salvaguardia siano un meccanismo di aumento di entrate automatico volto a garantire il miglioramento dei conti pubblici nel caso in cui non si realizzino misure strutturali di riduzione di spese (es. riordino della spesa pubblica) o aumento di entrate (es. razionalizzazione delle tax expenditures). Nel loro impianto originale dovevano servire per concedere al legislatore il tempo necessario per definire interventi organici di reperimento delle risorse e contemporaneamente rassicurare gli osservatori esterni (istituzioni europee e investitori internazionali) sul miglioramento dei conti pubblici.
L’esordio con governo Berlusconi, il 51% sono state sterilizzate in deficit
Le clausole di salvaguardia, introdotte inizialmente dal Governo Berlusconi, prevedono un aumento futuro e automatico di entrate tributarie nel caso in cui non vengano individuate altre misure per rispettare gli obiettivi di bilancio.
Fino al 2019, in media, oltre il 51 per cento degli aumenti d’imposta previsti dalle clausole è stato sterilizzato in deficit; solo il 45 per cento è stato annullato e coperto con minori spese e altre maggiori entrate. Un unico aumento dell’aliquota IVA ordinaria (dal 21 al 22 per cento) è scattato dal 2013 (Governo Letta).
Un unicum italiano
In realtà, aggiunge Confindustira, le clausole sono derivazione diretta della necessità dei governi di rispettare le regole europee del Patto di Stabilità e Crescita che richiedono ai paesi di ridurre il deficit strutturale. Ma soltanto i governi italiani tra i paesi europei hanno introdotto meccanismi di questo tipo.