Colpo di scena: post Draghi, Tria apre a candidatura falco tedesco Weidmann a guida Bce
Colpo di scena: il ministro dell’economia del governo M5S-Lega non è poi così contrario alla possibilità che sullo scranno più alto della Bce, dopo le dimissioni di Mario Draghi, si sieda il falco tedesco Jens Weidmann. E’ quanto riporta Reuters, che ha intervistato Giovanni Tria a Davos, dove si sta svolgendo il World Economic Forum, il Forum economico mondiale.
“Non serve focalizzarsi sulle posizioni prese in passato, perchè il mondo evolve e con esso evolvono anche le idee dei player” di mercato, ha risposto Tria alla domanda postagli riguardo alla candidatura del numero uno della Bundesbank alla presidenza della Banca centrale europea.
Nel 2012, Weidmann fu l’unico membro del Consiglio direttivo della Bce a opporsi alla proposta di aiutare le economie più deboli dell’Eurozona, alle prese con la crisi dei debiti sovrani – Italia inclusa -, attraverso l’acquisto condizionato dei loro titoli di stato.
Soltanto l’annuncio dello schema – che implica l’intervento del Fondo Salva Stati, che scatterebbe solo in caso di richiesta del paese interessato e che finora non è stato mai utilizzato – frenò le speculazioni sulla rottura dell’euro, smorzando gli smobilizzi che si stavano abbattendo sui bond sovrani, BTP in primis.
Il rigore di Weidmann tornò a manifestarsi quando la Bce di Mario Draghi lanciò, nel 2015, il piano noto come Quantitative easing, volto ad acquistare gli asset dei paesi emittenti dell’Eurozona (piano che, per la sua funzione salvifica, venne ribattezzato in Italia scudo BTP). Più di recente, il falco tedesco si è mostrato scettico sulla manovra del governo M5S-Lega.
In generale, dopo un banchiere dovish come Mario Draghi – il cui mandato scade a novembre di quest’anno -, che ha lanciato in questi ultimi anni diversi bazooka monetari, sempre fiducioso nell’assist all’economia proveniente da strumenti di politica monetaria espansiva, la possibilità che le redini della Bce vengano affidate a Weidmann innervosisce sia diversi operatori di mercato, che leader politici.
Nel caso dell’Italia, per esempio, l’economista e presidente della Commissione bilancio della Camera Claudio Borghi, ha già avvertito lo scorso luglio che una eventuale nomina del tedesco alla guida della Bce potrebbe, addirittura, disintegrare l’Europa.
Reuters spiega che l’Italia non dispone di un potere di veto nella nomina della presidenza dell’Eurotower. Tuttavia, tradizionalmente, i paesi più grandi dell’area euro si sono sempre mostrati compatti nella scelta del candidato. Di conseguenza, un’eventuale opposizione dell’Italia sarebbe un grande ostacolo e aprirebbe una nuova crepa nei rapporti con la Germania.
La decisione sulla successione di Mario Draghi verrà presa solo dopo le elezioni europee di maggio.
Tra gli altri nomi che sono circolati come possibili sostituti del banchiere italiano, quelli di Erkki Liikanen, ex governatore della Banca centrale finlandese e il membro del Consiglio direttivo Benoit Coeure.
Weidmann ha più volte criticato le varie misure varate da Draghi per salvare l’euro e per mettere in sicurezza i paesi periferici dell’Eurozona.
Ma se, nel caso specifico dell’Italia, lo spread BTP-Bund è sceso il merito è stato soprattutto delle parole proferite dal banchiere italiano, (famose le frasi “l’euro è irreversibile”, e “Whatever It Takes”) e dei vari interventi che sempre Draghi ha lanciato per tutelare l’Eurozona.
Così Borghi lo scorso luglio:
Weidmann “non sarebbe una buona scelta per l’Italia per il suo atteggiamento rigorista”, ha precisato il deputato leghista. Che ha aggiunto che, a suo avviso, “le politiche restrittive sulla moneta e l’economia potrebbero portare l’Europa allo sfacelo”.
Sempre a luglio Weidmann aveva detto chiaramente che il sostituto di Draghi avrebbe dovuto lanciare una politica monetaria restrittiva.
Non sono mancate inoltre le critiche all’Italia, come nel discorso in cui il banchiere tedesco, parlando della necessità di avviare un “integrazione fiscale” e avvertendo su una inevitabile ulteriore “cessione di sovranità” per raggiungere lo scopo, aveva bacchettato Roma- nel pieno delle trattative con Bruxelles sulla manovra M5S-Lega – intimandole di rispettare gli ordini superiori in arrivo da Bruxelles.
Weidmann aveva anche sottolineato di non condividere “l’idea che i problemi di crescita si risolvano con un debito sempre maggiore e che l’alto debito non sia un problema”.
E’ pur vero che da allora le cose sono cambiate: soprattutto, è rallentata l’economia, tanto che a essere in crisi, ora, è lo stesso Mario Draghi, visto che le munizioni contro la crisi sono, ormai, finite.