Confindustria: ‘mercati giudicheranno governo’. Cottarelli: ‘conti non tornano con contratto’ M5S-Lega
“Serve un’Europa diversa e un’Italia forte in una Europa forte”. E’ l’appello che il Centro Studi di Confindustria lancia negli ultimi Scenari Economici, il report in cui delinea anche una proposta italiana per una maggiore integrazione europea, composta da quattro punti:
Primo passo è quello di chiudere “i cantieri aperti, a partire dal completamento dell’Unione bancaria e di quella dei capitali”.
Secondo, “è necessario creare uno strumento europeo di stabilizzazione, complementare a quelli nazionali, che finanzi o co-finanzi investimenti e/o sussidi di disoccupazione, a fronte di shock economici negativi che colpiscono uno o più paesi membri, fondato su un nuovo bilancio europeo”.
Terzo punto, il nuovo bilancio “dovrebbe servire a finanziare un grande piano europeo d’investimenti in infrastrutture, ricerca e sviluppo, formazione”, e in tal senso Confindustria si dice favorevole agli eurobond per la crescita e la stabilizzazione.
Quarto e ultimo punto: rafforzare la funzione di salvataggio dei paesi in crisi.
Il Csc scrive anche che saranno i mercati a giudicare le scelte economiche del governo:
“La dinamica meno favorevole del Pil si ripercuote sui conti pubblici” e “ora molto dipenderà dalle scelte di politica economica che adotterà il governo riguardo la clausola di salvaguardia, l’attuazione di alcune misure espansive indicate nella risoluzione al Def e nel contratto di governo e l’intenzione di rispettare i vincoli di bilancio”, si legge negli Scenari economici.
“Non è chiaro come queste potranno essere conciliate. Su questo terreno verremo giudicati dagli operatori finanziari che acquistano il nostro debito pubblico”.
La fotografia all’Italia stilata nel rapporto Scenari Economici del Csc, centro studi di Confindustria, non è delle più confortanti, tant’è che gli analisti tagliano le previsioni del Pil all’1,3% per quest’anno e all’1,1% nel 2019.
Si tratta di tassi di crescita inferiori rispetto a quelli previsti dallo stesso Centro Studi lo scorso dicembre (l’outlook era di una crescita dell’1,5% e del +1,2% rispettivamente nel 2018 e nel 2019) e anche rispetto allo scenario presentato nel Def, il Documento di Economia e Finanza (stime pari a +1,5% e +1,4%).
La revisione al ribasso viene spiegata con le incognite rappresentate dai timori legati alla guerra commerciale e anche alla “incertezza sulle politiche del nuovo governo e sul loro impatto sui conti pubblici, che crea timori presso gli operatori che acquistano titoli del debito pubblico italiano”.
Oltre al taglio del Pil gli analisti stimano anche una manovra correttiva, richiesta all’Italia, peggiore di quanto paventato nel Def: il Centro studi sottolinea che la correzione richiesta dovrebbe essere pari a 0,5 punti di Pil, poco meno di 9 miliardi, e di 0,6 punti di Pil (quasi 11 miliardi) nel 2019, per un valore complessivo di 20 miliardi in un biennio.
Il valore è peggiore delle stime del Def, secondo le quali per il 2018 sarebbe necessaria una correzione strutturale dei conti pubblici di 0,2 punti di Pil (circa 3,5 miliardi di euro), per far scendere il deficit all’1,4 per cento del Pil.
Il Csc prevede inoltre per il deficit pubblico italiano un calo dal 2,3% del Pil del 2017 all’1,9% nel 2018 e all’1,4% nel 2019; il rapporto debito pubblico/Pil è atteso al 131,6% nel 2018 (dal 131,8 per cento nel 2017) e al 130,7% nel 2019.
Ma il livello è “ancora molto alto, frutto anche del risanamento solo parziale dei conti pubblici avvenuto negli ultimi tre anni di ripresa economica”, scrivono gli analisti.
Intanto il numero uno di Confindustria Vincenzo Boccia, a margine della presentazione dell’analisi del Centro Studi, afferma che “oltre alla questione migranti, oltre alla questione pensioni, cominciamo a definire un intervento organico di politica economica di medio termine che metta al centro dell’attenzione anche su altri argomenti: infrastrutture, giovani, occupazione“.
All’evento interviene anche l’economista Carlo Cottarelli, affermando che i conti non tornano:
“Non si può avere la flat tax, il reddito di cittadinanza, la controriforma Fornero e magari aumentare anche gli investimenti pubblici, mantendendo in discesa il rapporto tra debito pubblico e Pil”.
“La mia paura è che la casa-Italia non sia al sicuro, perchè con lo status quo rimaniamo esposti a eventuali shock”.
Di fatto, secondo Cottarelli, “se c’e’ uno shock, in Italia il debito ricomincia a crescere e lo spread ad aumentare e siamo da capo”.
Per questo “è essenziale aumentare la crescita”, ma attraverso riforme a costo zero come la riforma della burocrazia, la giustizia e la lotta alla corruzione.