Confindustria: Reddito cittadinanza 780 euro mese sui 188 del Rei. Spreco ingente e freno lavoro
Rappresenterebbe un disincentivo alla ricerca di lavoro e si confermerebbe uno “spreco ingente” di risorse pubbliche. Così il Centro Studi di Confindustria, in una nota, commenta gli effetti di un’eventuale adozione, in Italia, del reddito di cittadinanza, punto cardine del programma del M5S. Il riferimento è al reddito di cittadinanza come disciplinato dal Ddl 1148 del 2013.
Nel rapporto, viene riconosciuto il raggio d’azione indubbiamente più lungo del reddito di cittadinanza rispetto al reddito di inclusione (REI), varato lo scorso gennaio: 2,8 milioni sarebbero infatti le famiglie che beneficerebbero della misura, che assicurerebbe tra l’altro un aiuto economico decisamente più corposo rispetto al Rei. Un single arriverebbe a percepire fino a 780 euro al mese, rispetto ai 188 del Rei.
Ma la misura sarebbe appunto costosa, anche molto più di quanto preventivato dal M5S. Il costo si aggirerebbe infatti attorno ai 30 miliardi di euro, contro i 17 miliardi stimati dal movimento.
Come già avvertito da altri economisti a livello mondiale in riferimento ad alcuni esperimenti di reddito minimo lanciati in alcuni paesi e/o città, anche secondo gli analisti di Confindustria un altro effetto sarebbe quello di disincentivare il lavoro.
Certo, anche il Rei presenta alcune lacune da colmare, se si considera che l’iniziativa, concepita solo per le famiglie in povertà, è stata lanciata “con scarsi finanziamenti (2,1 miliardi di euro nel 2018) e si stima che potrà coprire solo la metà della platea”.
Detto questo, “ad oggi affrettarsi a sostituire uno strumento appena partito significherebbe creare incertezza e allungare i tempi di implementazione. Più opportuno darsi il tempo per condurre una seria valutazione, specie delle modalità di attivazione al lavoro, e nel frattempo indirizzare le risorse per aumentare platea e beneficio”.
Nello spiegare il motivo per cui il reddito di cittadinanza sarebbe uno “spreco ingente” di risorse pubbliche, il centro studi fa notare che si tratterebbe di un intervento che “verrebbe concesso anche a individui che poveri non sono”.
Ancora, nella nota si legge per l’appunto che “è inoltre alto il rischio che disincentivi il lavoro, dato l’elevato importo del beneficio e l’assenza di un meccanismo di cumulo con il reddito da lavoro. Per incentivare la partecipazione, inoltre, prevede solo l’obbligo di iscrizione ai Centri per l’Impiego, strutture che necessitano di una profonda e costosa riforma per poter garantire risultati apprezzabili nel facilitare l’avviamento al lavoro”.
Gli esperti indicano anche che “in Italia la povertà è cresciuta molto con la crisi: ci sono 1,6 milioni di famiglie in povertà assoluta per un totale di quasi 5 milioni di individui. L’indigenza è legata a doppio filo alla bassa partecipazione al mercato del lavoro”.