Consumi al palo nel 2018, sarà il peggior risultato dal 2014. Ecco perchè è preoccupante
Per quest’anno si prospetta la peggiore crescita dei consumi dal 2014. Una frenata allarmante per l’intera economia del paese, basata per il 60% proprio sui consumi. A pesare è il deciso indebolimento del potere d’acquisto, ma anche il deterioramento del clima di fiducia delle famiglie, che rende improbabile un recupero della spesa nell’ultima parte dell’anno.
Secondo le previsioni condotte da Cer per Confesercenti, i consumi cresceranno quest’anno soltanto dell’1%, un dato inferiore all’1,4% auspicato dal Documento di Economia e Finanza e il risultato più fiacco dal 2014. E la debolezza di quest’anno proseguirebbe per tutto il prossimo biennio: la crescita dei consumi si dovrebbe confermare al +1% nel 2019 per poi frenare ancora a +0,7% nel 2020. In valori assoluti, in media si tratta di 5 miliardi di euro di spesa all’anno in meno rispetto alle previsioni nel triennio 2018-2020.
Perché è preoccupante se rallentano i consumi
Il rallentamento dei consumi inciderà sul Pil, che per il 60% è fatto proprio di consumi. L’economia italiana dunque potrebbe essere condannata ad avere un andamento asfittico, soprattutto in un contesto in cui le esportazioni potrebbero diminuire in vista di una guerra commerciale. L’anno, secondo le previsioni Cer, si dovrebbe chiudere con una variazione di +1,3% del prodotto interno lordo, due decimi di punto in meno dell’1,5% indicato nel DEF. E anche in questo caso la debolezza proseguirebbe per tutto il prossimo biennio: la variazione del Pil dovrebbe rallentare ulteriormente sia nel 2019 (+1,2%) che nel 2020 (+1,1%).
Va sottolineato, inoltre, che queste stime sono state elaborate ipotizzando lo stop agli aumenti Iva previsti dalle clausole di salvaguardia. Se così non fosse, il quadro di previsione sarebbe decisamente peggiore: la variazione dei consumi si abbasserebbe allo 0,8% già nel 2019, per arrivare quasi allo stop (+0,3%) nel 2020. Anche la crescita del Pil si indebolirebbe, scendendo a +1,1% nel 2019 e inabissandosi sotto la soglia psicologica del +1% già nel 2020 (+0,8%).
Sono dunque confermate le maggiori difficoltà a superare la recessione registrate dall’Italia rispetto ai partner europei. A dicembre 2017, infatti, i consumi delle principali economie europee sono tutte al di sopra del 2007, ultimo anno prima della crisi: in Germania segnano il 10,9% in più, in Francia l’8,6% e nel Regno Unito il 5,5% in più. In Italia, invece, sono ancora al di sotto dei livelli del 2007 del 2,7%; pari a circa 26,3 miliardi di euro in meno. Un gap che, di questo passo, recupereremo solo nel 2021, ben 14 anni dopo la crisi.
Essere un’impresa è sempre più un’impresa
Oltre che con le deboli previsioni economiche, le imprese devono fare i conti con un sistema paese diventato strutturalmente anti-impresa. Basti pensare alla pressione fiscale sulle Pmi, già oltre il 60%. Ma c’è anche l’eccesso di burocrazia, un macigno che pesa 22 miliardi di euro l’anno, e una grave situazione del credito con il sistema bancario che sta smettendo di erogare finanziamenti alle piccole imprese: solo nell’ultimo anno sono spariti 12 miliardi di prestiti vivi alle attività economiche.