Consumi: vendite al dettaglio trainate da alimentari, ma è effetto Pasqua. Aumento Iva sarebbe una sciagura
Consumi ancora al palo in Italia. Secondo i dati diffusi oggi dall’Istat, le vendite al dettaglio hanno segnato a marzo un calo dello 0,2% rispetto al mese precedente, quando erano salite dello 0,7% (dato rivisto dal precedente +0,4%). Deluse le attese degli analisti che si aspettavano un aumento dello 0,1%. Su base annua le vendite al dettaglio sono salite del 2,9%, ma esclusivamente per l’effetto Pasqua che quest’anno è caduta prima e ha spinto i consumi alimentari. Le vendite di beni alimentari hanno infatti registrato un vero e proprio balzo a marzo, pari a un +7,5%.
L’illusione ottica dovuta agli acquisti per Pasqua
La stessa Istat ha spiegato che l’incremento registrato a marzo per le vendite di beni alimentari risente in misura rilevante dell’effetto della Pasqua: “poiché nel 2018 la Pasqua è caduta il 1° aprile e nel 2017 il 16 aprile, i maggiori acquisti di beni alimentari, tradizionalmente legati alle festività pasquali, quest’anno si sono concentrati a marzo, mentre nel 2017 hanno avuto luogo ad aprile”. La Pasqua “bassa” ha determinato l’anticipo a marzo degli acquisti per i tradizionali cenoni per i quali gli italiani hanno speso quest’anno 1,2 miliardi di euro. Al netto dell’effetto Pasqua si è registrato ancora una crisi nera dei consumi in Italia, e lo dimostrano le vendite dei beni non alimentari che su base annua sono scese a marzo dello 0,8% in valore e dell’1% in volume, con Utensileria e ferramenta e Calzature in pesante calo (-4,3% per entrambi i gruppi).
Piccoli negozi ancora in sofferenza
Ancora una volta la grande distribuzione ha fatto la parte del leone a discapito dei piccoli negozi che continuano a soffrire la crisi del commercio. Le vendite al dettaglio hanno evidenziato infatti un aumento annuo del 7% per la grande distribuzione, nella quale si concentra una larga parte della commercializzazione di beni alimentari (+10%), mentre sono scese ancora per i piccoli negozi (-1,3%). “I piccoli negozi sono ancora ben lontani dall’aver recuperato le vendite perse durante la recessione. Rispetto a 10 anni le vendite complessive sono inferiori del 10,8%, -11% quelle alimentari, -11,2% le non alimentari” ha sottolineato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
Il pericolo dell’aumento Iva sui consumi
In un quadro di ripresa ancora incerta per i consumi incombe il rischio di aumento dell’Iva a partire dall’anno prossimo, che, secondo le stime di Codacons, produrrebbe una stangata per gli italiani pari a +791 euro annui a famiglia solo di costi diretti e una ecatombe per i consumi, che crollerebbero per un valore complessivo pari a 25 miliardi di euro. L’eventuale incremento delle aliquote Iva infatti riguarderebbe beni di prima necessità come carne, pesce, yogurt, uova, riso, miele e zucchero con aliquota al 10% e il vino e la birra al 22%, componenti importanti nei consumi degli italiani con la spesa alimentare che è la principale voce del budget delle famiglie dopo l’abitazione con un importo complessivo di 215 miliardi ed è quindi un elemento fondamentale per la ripresa dell’economia italiana.