Finanza Notizie Italia Covid-19: Confesercenti-Swg, misure bollate come ‘inadeguate’ per 2 imprese su 3. C’è chi teme di non riaprire

Covid-19: Confesercenti-Swg, misure bollate come ‘inadeguate’ per 2 imprese su 3. C’è chi teme di non riaprire

23 Marzo 2020 15:11

C’è ancora tanta incertezza nel mondo delle imprese dopo l’ultimo DPCM (ecco l’elenco delle attività che restano aperte). E per due aziende su tre le misure messe in campo dal governo Conte per fronteggiare l’emergenza coronavirus non appaiono sufficienti per le imprese del commercio e del turismo. In particolare, secondo un sondaggio condotto da SWG per Confesercenti su un campione di piccoli e medi imprenditori tra il 19 ed il 23 marzo, il 67% degli imprenditori ritiene che i provvedimenti presi siano poco o per niente adeguati, mentre solo il 32% ritiene che siano efficaci.

La preoccupazione principale del mondo imprenditoriale ruota attorno all’entità dell’impatto dello stop prolungato sulla propria attività e sull’economia in generale. E c’è una percentuale che preoccupa: il 44% degli intervistati non esclude la possibilità di non riaprire più, mentre un ulteriore 34% ritiene di essere a rischio se la sospensione dell’attività dovesse durare ancora a lungo. Circa il 50% si dichiara spaventato soprattutto da una possibile recessione economica, una quota praticamente identica a chi è preoccupato maggiormente dall’emergenza sanitaria (49%).

Quella che trapela è la sensazione di un pericolo potenziale per la propria impresa è elevata. Sempre dal sondaggio condotto da SWG per Conferesecenti emerge che meno di 1 imprenditore su 5 dichiara di sentirsi sicuro delle sue prospettive. “Dati che possono risentire della gravità della situazione attuale, ma che comunque segnalano con chiarezza la richiesta di una forte attenzione al settore – si legge nella nota dell’associzione -. Tra le imprese, infatti, sembra prevalere l’opinione che vi sia una percezione di limitata comprensione della gravità delle condizioni economiche”.

“Il sondaggio conferma l’allarme che abbiamo lanciato ormai da tempo: così com’è, il decreto Cura Italia è insufficiente per le imprese. Si deve fare di più, molto di più. Ci sono migliaia di imprese che, senza sostegni adeguati, rischiano di non riaprire dopo lo stop”, ha commentato Patrizia De Luise, presidente nazionale Confesercenti.

Secondo De Luise “è necessaria liquidità, da subito e in modo semplice” e “bisogna aprire le maglie del credito per le Pmi, con procedure semplificate per garantire l’accesso ai finanziamenti”. Tra le azioni che suggerisce il presidente di Conferesecenti c’è il blocco degli sfratti e la sospensione dei pagamenti delle locazioni commerciali e delle affittanze di azienda, esonerando le imprese anche dai canoni demaniali e di concessione per le occupazioni di suolo pubblico, compresi i tributi connessi. “E questo deve valere per tutto il periodo di inattività -spiega De Luise -. Anche l’indennizzo non è sufficiente. I 600 euro previsti sono veramente pochi. Serve di più, e soprattutto non una tantum: il beneficio sia prolungato per tutti i mesi di inoperatività delle imprese, non solo marzo”.

“In queste ore stiamo lavorando con il massimo impegno perché, in fase di conversione del decreto, arrivino sostegni mirati e sufficienti per le imprese. Serve anche maggiore chiarezza sulle disposizioni di sicurezza, rese ancora più confuse dalla sovrapposizione delle disposizioni regionali: negli ultimi due giorni centinaia di imprese ci hanno chiamato per capire se possono restare aperte o meno. Così si rischia il caos”, conclude il presidente di Confesercenti.

L’economia di guerra costerà 100 mld al mese al Paese, le valutazioni di Boccia

Dall’emergenza economica si passa all’economia di guerra dopo la sospensione di tutte le attività economiche definite non essenziali, con un conto per il Paese di 100 miliardi al mese. Numeri snociolati dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, nel corso di una intervista a “Circo Massimo” in onda oggi su Radio Capital. “Garantire la filiera cosiddetta essenziale dei beni che devono arrivare nei supermercati e nelle farmacie”, filiere che “a volte sono trasversali per esempio abbiamo aziende del settore auto che però producono valvole per i respiratori”.

“Purtroppo con questo decreto, sottolinea Boccia, si pone la questione che va dall’emergenza economica che ci fa entrare in una economia di guerra contro il virus che costa al Paese 100 miliardi di euro al mese”, spiega Boccia che invita a porsi due domande “come far arrivare i prodotti essenziali a supermercati e farmacie, e come fare per far riaprire le imprese e riassorbire i lavoratori, visto che la cassa integrazione aumenterà”. Secondo il numero uno degli industriali, bisogna salvaguardare anche quelle aziende che si sono riconvertertite con produzioni, ad esempio di mascherine, nell’interesse immediato del Paese per combattere il virus. “Garantire la filiera cosiddetta essenziale dei beni che devono arrivare nei supermercati e nelle farmacie”, filiere che “a volte sono trasversali per esempio abbiamo aziende del settore auto che però producono valvole per i respiratori”.