Covid-19: cresce lo smart working e nel futuro lo vorrebbe il 71% dei lavoratori
Con l’emergenza coronavirus, nel nostro paese è scoppiato il fenomeno dello smartworking con il 72% delle aziende che ha messo a disposizione in tempi brevi mezzi e strumenti per permettere ai collaboratori di proseguire il lavoro da remoto. Tuttavia, non tutte le tipologie di business o non tutte le funzioni possono essere svolte in smart working.
Come risulta dai dati di InfoJobs, piattaforma numero 1 in Italia per la ricerca di lavoro online, i lavoratori italiani in smart working sono il 15%, mentre la parte restante della forza lavoro sembra attualmente a casa senza reddito (45% dei rispondenti, percentuale che sale al 50% per le donne), in ferie o in congedo (25%) mentre il 13% si reca ancora sul luogo di lavoro, senza nessuna modifica alle modalità di prestazione del servizio.
Ad oggi, il 56% delle aziende che hanno attivato lo smart working dichiara di applicarlo per la prima volta, mentre il 29% l’ha esteso a più figure o su più giorni. Il 79% dei lavoratori invece afferma di adottarlo per la prima volta, mentre per il 14,5% sono solo cambiate le modalità di fruizione e per il 6,5% non c’è stato alcun cambiamento rispetto a prima.
Le difficoltà delle aziende e l’impatto sui lavoratori
Ma quali sono le difficoltà che stanno incontrando le aziende con lo smart working? Il 64,5% delle aziende dichiara che i dipendenti hanno apprezzato questa decisione (voluta o dovuta in base alle circostanze legislative) che non ha avuto contraccolpi sulla produttività (39%), o ne ha avuti ma in maniera limitata (25,5%). Le difficoltà comunque non mancano e il 19% delle aziende sostiene che lo smart working non stia funzionando, complici la struttura o il business che mal si sposano con il lavoro da remoto. In linea più generale, le maggiori criticità sono legate soprattutto a problemi di tipo organizzativo (44%) per mancanza di supervisione e controllo sul lavoro del personale, e relazionale (42%) perché manca il confronto quotidiano e il lavorare fianco a fianco. Solo il 14% delle aziende dichiara problemi legati alla tecnologia, rilevante soprattutto per quelle aziende che hanno risposto all’emergenza ma non erano preparate a gestirla a livello di strumenti e competenze interne.
Dal canto loro, il 38% dei lavoratori intervistati si dichiara fortunato di poter evitare gli spostamenti in questo momento, mentre il 27% apprezza le possibilità date dalla tecnologia, che mette a disposizione un ufficio “virtuale” dove è possibile continuare a lavorare come prima. Solo il 7% dice di essere meno produttivo soprattutto a causa degli impegni familiari da gestire in contemporanea, percentuale che sale al 33% per le donne con figli conviventi.
Il futuro dello smart working
Cosa ne sarà dello smart working una volta finita l’emergenza? Nel dettaglio, per il 30% delle aziende non ci saranno cambiamenti delle modalità di lavoro rispetto al business pre-COVID-19, mentre il 28% dovrà valutare gli sviluppi legislativi per implementare a regime lo smart working e il 24% lo abiliterà ma solo per una parte dei dipendenti. Prudenti anche i lavoratori, con il 71% che vorrebbe il lavoro agile 1 o 2 giorni a settimana (89% per le donne con figli) mentre solo il 16% auspica un full time smart. Per il 13% invece è meglio l’ufficio.