Notiziario Notizie Italia Crollo dei consumi del 10% se lockdown fino a giugno, ma l’effetto si vedrà nei prossimi mesi

Crollo dei consumi del 10% se lockdown fino a giugno, ma l’effetto si vedrà nei prossimi mesi

22 Aprile 2020 16:06

Un crollo dei consumi fino al 10%, con una contrazione complessiva del valore aggiunto pari al 4,5%. E’ questa la stima preliminare formulata dall’Istat, in attesa che scatti la cosiddetta Fase 2, circa gli effetti del lockdown sull’economia nazionale, nel caso in cui la limitazione delle attività produttive si estanda fino a giugno. Lo stesso istituto di statistica nazionale però mette le mani avanti, precisando che ad oggi non dispone ancora di informazioni in grado di quantificare in maniera verosimile l’impatto sull’economia italiana delle misure introdotte per contrastare l’emergenza sanitaria, proprio per il brevissimo lasso di tempo intercorso dall’inizio del manifestarsi della crisi e per il rapido succedersi di estensioni e aggiustamenti dei provvedimenti in essere. È immediato ipotizzare, che il gap di produzione/valore aggiunto si determinerà in tutta la sua forza nel secondo trimestre dell’anno, con tutti gli indicatori e le statistiche relative all’economia e al mercato del lavoro che ne registreranno i risultati.

Intanto l’Istat formula comunque delle stime preliminari, considerando due diversi scenari: il primo prevede la limitazione delle attività produttive limitata ai soli mesi di marzo e aprile, il secondo assume invece che si estenda fino a giugno. Ebbene, considerando il primo scenario, il lockdown determinerebbe, su base annua, una riduzione dei consumi finali pari al 4,1%, con una diminuzione del valore aggiunto generato dal sistema produttivo italiano pari all’1,9%. Nel secondo scenario, caratterizzato dall’estensione delle misure restrittive anche ai mesi di maggio e giugno, la riduzione dei consumi sarebbe del 9,9%, con una contrazione complessiva del valore aggiunto pari al 4,5%. La caduta del valore aggiunto sarà fortemente eterogenea a livello settoriale. I comparti dell’alloggio e ristorazione e del commercio, così come quelli legati alla socializzazione, oltre che trasporti e logistica subirebbero le contrazioni più forti, mentre le conseguenze sui settori che producono beni d’investimento e sulle costruzioni sarebbero meno incisive.

Discorso a parte per il turismo, solo a febbraio una flessione del 15%
In base alle evidenze dei primi dati del tutto provvisori trasmessi dalle regioni e acquisiti dall’Istat emerge che, a febbraio, mese in cui sono stati registrati i primi casi di contagio da Covid-19 in Italia, si è registrata in media, a livello nazionale, una flessione del numero di arrivi totali nelle strutture ricettive del 15% rispetto allo stesso mese dell’anno 2019, con una flessione per la componente estera più consistente (-18,5%). È del tutto evidente che nel mese successivo e anche ad aprile i flussi turistici si sono pressoché azzerati a causa delle misure di distanziamento sociale che hanno imposto, oltre alla chiusura di interi comparti produttivi, il blocco totale della mobilità di turisti italiani e esteri sul territorio nazionale.

Il lockdown: fermi due terzi delle industrie
I provvedimenti di chiusura hanno riguardato in maniera più pervasiva l’industria: quasi i due terzi delle imprese industriali del paese hanno dovuto sospendere la propria attività. La chiusura penalizza soprattutto le imprese esportatrici (quelle attive in settori sospesi producono il 64% dell’export complessivo). Elevata anche l’incidenza sul terziario, la cui attività è interrotta per il 43,8% delle imprese di questo settore. La sospensione delle attività ha inciso in particolar modo nel Nord-est (dove il 50,1% dell’occupazione afferisce ad attività sospese) e del Nord-ovest (43,3%), mentre la quota è via via inferiore nel Centro (41,3%), nel Sud (41,1%) e nelle Isole (33,6%).

Per quanto riguarda gli occupati, nel commercio la quota dei lavoratori attivi in questo momento scende al 57%, mentre nell’industria in senso stretto e nelle costruzioni lavorano in settori attivi meno della metà degli occupati (rispettivamente 43,6 e 39,3%). Decisamente contenuta è la quota degli addetti in comparti alberghi e ristorazione e delle altre attività di servizi collettivi e personali.