Def in dirittura d’arrivo, Salvini pretende flat tax. Siri: ‘A Tria proposto 15% fino a 50.000 euro’
La flat tax “è nel contratto, come lo era il reddito di cittadinanza e come lo era la Fornero, dalla quale non torno indietro neppure se me lo chiede Padre Pio. Bisogna dare un segnale alle famiglie. Il 26 maggio si vota per cambiare le regole che hanno mandato in crisi l’Europa. Se, come spero e penso, cambieranno gli equilibri nella Ue, avremo i margini per allentare lo strangolamento fiscale che soffoca l’economia italiana. Se non abbassi le tasse, il Paese non cresce”.
Ulteriori dettagli sono arrivati dal ‘padre’ della flat tax, Armando Siri, in una intervista rilasciata a La Repubblica:
“Adesso è prematuro entrare nel merito e nei dettagli del provvedimento – ha detto, riguardo alle aliquote previste -: quello che è importante è che il Def stabilisca chiaramente che l’elemento qualificante capace di garantire la crescita economica del Paese passa da una importante riforma fiscale che il contratto di governo indica nella sostituzione dell’attuale sistema a cinque aliquote con una flat tax. Il progetto che abbiamo consegnato al ministro Tria prevede il 15% fino a 50.000 euro. Aggiungo che questa riforma non va vista come un centro di costo, ma come un’opportunità di crescita”.
Sul tema coperture, il sottosegretario al Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture si è così espresso:
“Possiamo mettere in campo per la prima volta una straordinaria valorizzazione del nostro patrimonio immobiliare che vale 400 miliardi di euro, anziché continuare a lasciar marcire gli edifici perché non abbiamo i soldi per fare la manutenzione”… “io parlo di valorizzazione, preceduta da cambi di destinazione d’uso, di un unico veicolo che contenga tutto”.
E ancora: “questa delle clausole di salvaguardia è un’invenzione che abbiamo ereditato dai governi precedenti: non è scritto da nessuna parte che l’unica soluzione sia aumentare l’Iva, ma solo che servono coperture se non si avvera una certa condizione. Se succede, possiamo prendere altre decisioni”.
“L’attivazione della clausola sulla spesa è destinata a tagliare per quest’anno una serie di voci soprattutto a carico dei ministeri dell’Economia (1,18 miliardi, tra cui 916 milioni destinati a «competitività» e «incentivi» alle imprese) e delle Infrastrutture (300 milioni per il trasporto locale). Ed è considerata inevitabile per tamponare un disavanzo spinto al 2,4% del Pil da una crescita tendenziale dello 0,1%”.
Il Sole anticipa anche che sui numeri del Def “peseranno anche i dati attesi dall’Istat su conti economici nazionali, Pil e indebitamento Pa 2018 e produzione industriale di febbraio. Questi dati – precisa il quotidiano di Confindustria – torneranno a spingere al rialzo anche il debito; il suo peso è già stato ritoccato per il 2018 al 132,1% del Pil dal 131,7% calcolato a fine anno, ma la ridefinizione del perimetro della Pa che si allarga a Rete ferroviaria italiana, Ferrovie Nord e a una serie di finanziarie regionali (Lombardia, Piemonte, Trentino, Abruzzo, Val D’Aosta) insieme alla frenata dell’economia porterà fino a 8 decimali in più rispetto ai ‘vecchi’ livelli di partenza”.
Non invidiabile il compito del ministero dell’Economia, che “punta a evitare una nuova battaglia con Bruxelles su stime di crescita a forte rischio smentita in breve tempo”. Ma “nell’agenda italiana della politica c’è l’esigenza di staccarsi dalla linea piatta tracciata dalla congiuntura. Il decreto crescita e lo sblocca-cantieri più di 1-2 decimali di Pil non possono offrire, anche perché avranno effetto a regime solo sulla seconda metà dell’anno”.